Svolta o testa-coda?

di Francesco Baicchi - 05/09/2014

Il Paese ha bisogno di 'cambiare direzione', di 'svoltare', di 'fare quello che da decenni gli altri governi non hanno fatto'. Come non essere d'accordo?

Purtroppo c'è ben poco di nuovo nei provvedimenti annunciati (solo annunciati) dall'attuale governo.

Lo stesso Presidente del Consiglio ammette che non si crea occupazione solo riducendo il costo del lavoro; anche perché una riduzione del 10% influirebbe sul prezzo finale dei prodotti o servizi per meno del 2%. Allora perché un attacco così plateale alle organizzazioni sindacali?

La ventilata cancellazione dello Statuto dei Lavoratori per una 'elasticità' che influirebbe solo sulla qualità della vita dei dipendenti non servirebbe certo a restituire competitività a un sistema produttivo che da troppo tempo non investe in ricerca e innovazione.

Non sono una novità nemmeno i tagli lineari sulle spese dei ministeri, i cui effetti vengono malamente mascherati con formule tranquillizzanti (ad esempio: 'si faranno tagli che non avranno effetti recessivi'); in realtà tagliare sulla salute o sulla scuola o sulla previdenza non è la stessa cosa che tagliare le spese per l'acquisto di nuovi armamenti o la realizzazione di grandi infrastrutture inutili. E il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici non ha gli stessi effetti sulle famiglie con un solo reddito di 1.300 euro e su quelle degli alti dirigenti; nemmeno sul piano della macroeconomia. Sono provvedimenti che confermano solo l'incapacità di assumere vere decisioni di politica economica, privilegiando gli aspetti finanziari.

Anche la strategia degli annunci mirabolanti (l'ultimo sono le assunzioni di 150.000 insegnanti precari (ma non subito, l'anno prossimo …) ricorda il milione di posti di lavoro di Berlusconi.

Un cambiamento vero (la 'svolta') sarebbe stato ripristinare la progressività delle aliquote fiscali, recuperare l'enorme evasione fiscale, abbattere la spesa pubblica colpendo la corruzione e non i salari, investire nel risanamento ambientale, nella ricerca, nella digitalizzazione di certi settori della pubblica amministrazione (la Giustizia, per esempio).

Per interrompere le ossessioni che ci siamo trascinati per tutto il ventennio berlusconiano sarebbe necessaria una riforma della Giustizia che impedisse ai potenti di difendersi dal invece che nel processo, bloccando i tempi della prescrizione all'inizio del procedimento, penalizzando i ricorsi inutili che intasano i tribunali e fornendo alla Magistratura i mezzi necessari per essere più efficiente. Invece di proclamare semplicemente l'imposizione di tempi definiti per legge.

Quello che da decenni i governi non riescono a fare è anche una legge contro i conflitti di interesse e per la libertà di informazione, per esempio.

 Perfino la mossa dei tanto sventolati '80 euro' col passar del tempo appare per quello che è: un intervento di cui ancora non si capisce con esattezza quanti avranno beneficiato a fine anno, che non è servito al suo scopo di aumentare i consumi e che è costato (in particolare ai cittadini onesti) in termini di aumento della tassazione sulla casa, riduzione di servizi pubblici, blocco dei salari (per gli statali), eccetera. Il classico gioco delle tre carte, insomma.

 Una grande novità sarebbe smettere di propagandare le 'riforme' istituzionali (modifiche alla Costituzione, legge elettorale, della scuola pubblica) come necessità urgenti e utili a risolvere la crisi, rendendo trasparenti gli obiettivi reali di provvedimenti nati dalle trattative segrete con un pregiudicato interessato solo alle proprie aziende.

Nemmeno questi tentativo di stravolgere il nostro sistema democratico in senso autoritario e plebiscitario costituisce una innovazione, ma solo la prosecuzione di una strategia di arroccamento di una classe dirigente che pretende di governare senza sottoporsi veramente al giudizio degli elettori, sostituendo alle elezioni un sistema di cooptazioni tutto interno alla 'casta'.

 Una novità è invece l'arroganza ostentata del capo del governo e dei suoi amici, forti dei numeri su cui in Parlamento possono contare grazie all'appoggio (certo non gratuito) del partito a cui avevano dichiarato nella campagna elettorale del 2013 di essere alternativi.

La vera svolta, un vero e proprio testa-coda, questo governo l'ha proprio realizzata rispetto agli impegni che aveva preso coi propri elettori, che prima o poi se ne accorgeranno.

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