Caro garante, nessuno ha amato l’ Italia (e la Costituzione) come te

di Sandra Bonsanti - Il Fatto Quotidiano - 22/02/2016

Per me e per molti di noi di LeG Umberto Eco è stato e sempre rimarrà il nostro Garante. Per 15 anni circa ci ha seguiti severamente e affettuosamente: lo vedo camminare col suo bastone per il cortile di via Col di Lana.
Entrava e già eravamo in agitazione, cominciava a scrutarci, poi si sedeva, arraffava fogli e cominciava a disegnare: teste e profili di uomini pensierosi, chiavi musicali, animaletti misteriosi e teste con le corna o i turbanti. Me ne ha regalati di questi fogli, chissà cosa volevi dire.

Umberto è stato l’uomo di pensiero più straordinario che abbia conosciuto, mi metteva in soggezione: saremo forse troppo estremisti? mi chiedevo. In realtà non appena interveniva ci mostrava quanto “oltre” fosse il suo sdegno verso l’ Italia di cui si vergognava quando andava all’ estero. Abbiamo le registrazioni di alcuni suoi memorabili interventi: nel 2011 al Palasharp e nel 2012.

Nel 2011 Paul Ginsborg, in inglese, scrisse un appello per le dimissioni di Berlusconi. Umberto ci disse che era lì per riconquistare l’onore dell’ Italia, che non importa essere pochi e che solo 11 professori si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, ma salvarono l’onore del Paese. Nel 2012 Eco intervenne a sostegno di un documento di Zagrebelsky e parlò di Costituzione: chiese un Parlamento di eletti e non di nominati e disse che le Camere non dovevano essere “svuotate” da altri poteri.

Tra tutti i tuoi disegnini ce n’ è uno che ti assomiglia moltissimo: hai l’ aria corrucciata, la fronte increspata.

Ciao caro Garante e grazie di tutto.