IL CASO ASSANGE: RICERCA DELLA VERITÀ E LIBERTÀ DI INFORMAZIONE

di Vincenzo Brandi - 04/09/2021
Ora il giornalista, ormai malato e ridotto quasi ad una larva dalle persecuzioni, attende che la magistratura britannica risponda alla richiesta di estradizione da parte degli USA (pur essendo ormai caduta l’infamante accusa di stupro)

Il prossimo 8 settembre si svolgerà a Roma, alle 11 del mattino, a Montecitorio, una manifestazione a favore del giornalista Julian Assange, detenuto nelle prigioni britanniche, e perseguitato dal Governo statunitense che ne chiede l’estradizione. Parteciperà il deputato Pino Cabras, uscito da 5Stelle e fondatore del movimento “L’Alternativa c’è”. Cabras presenterà alla camera un progetto di legge in cui si chiede che ad Assange, che rischia 175 anni di galera se estradato negli USA, sia concessa la cittadinanza italiana.

Il caso Assange riguarda la ricerca ed il concetto stesso di verità, oltre che la libertà dell’informazione. Possiamo definire la verità - sia in campo scientifico che politico, morale, psicologico, ecc. - come un’affermazione o un’informazione espressa con il linguaggio, o con altri mezzi di comunicazione, che corrisponda alla realtà. Se non c’è questa corrispondenza si tratta di bugie e manipolazioni.

Assange si è assunto il compito di dire la verità sulla politica del Governo statunitense partendo da una serie di fatti accertati e citando - a questo proposito - una serie di documenti ufficiali, ma secretati, di vari settori governativi degli USA (Dipartimento di Stato, Pentagono, ecc.). Questi documenti sono stati forniti da suoi informatori di fede pacifista e democratica, come l’ex-soldato Chelsea Manning, che ha passato 7 anni in galera prima di essere graziato dal presidente Obama.
Grazie alla pubblicazione di questa documentazione è stata smascherata la realtà della politica estera statunitense che - sotto le false voci di “lotta al terrorismo”, “difesa dei diritti umani” ed “esportazione della democrazia” - si è in realtà resa responsabile di aggressioni imperialiste ad interi Paesi, distruzioni, stragi, imprigionamenti arbitrari, torture.

Sono state quindi smascherate le politiche di umiliazioni disumane e maltrattamenti sistematici inflitti a oppositori della politica statunitense, a prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib, o a prigionieri afghani nella base di Bagram ecc. Sono state documentate le uccisioni illegali sistematiche di presunti terroristi e semplici civili fatte con missili, droni ed elicotteri. Sono state denunciati i rapimenti e le detenzioni
illegali (a Guantanamo o in altre sedi) ai danni di esponenti di vari Paesi, come quella effettuata a carico dell’imam di Milano, per il cui rapimento agenti di servizi segreti USA sono stati condannati persino dalla stessa magistratura italiana (ovviamente senza conseguenze visto lo stato di vassallaggio del nostro Paese).

Un esame accurato di tutti questi episodi è stato fatto nell’ottima e documentata trasmissione del 30 agosto scorso “Presa diretta” a cura del giornalista Riccardo Iacona, con cui pure in passato non sempre siamo stati d’accordo. È probabile che lo spunto per essere così chiaro e coraggioso sia stato dato a Iacona, con l’approvazione di altri responsabili del Terzo Canale TV, dalla ignobile figuraccia fatta dagli USA e dalla NATO nel contemporaneo caso dell’Afghanistan, che ne ha
scosso profondamente l’immagine presso la pubblica opinione. Iacona ha ricordato anche con molti dettagli la storia della lunga persecuzione nei riguardi di Assange, non ancora conclusa. Il primo colpo infamante è stato dato al coraggioso giornalista da una denuncia per stupro (opportunamente pilotata?) fatta dalla polizia svedese dopo che Assange aveva avuto in Svezia rapporti sessuali con due ragazze locali (già sue sostenitrici). Una di queste, nel tentativo di indurre Assange a fare
un’analisi HIV (qualcuno le aveva suggerito che potesse essere malato di AIDS?), aveva denunciato un rapporto senza preservativo, che per una legge svedese equivale a stupro. Una seconda, forse influenzata dall’altro caso, aveva dichiarato che, pur avendo avuto un rapporto protetto, aveva avuto “l’impressione” che il preservativo si fosse rotto durante l’amplesso per colpa di Assange.

In seguito queste accuse (in verità piuttosto capziose e ridicole) sono completamente cadute e le denunce ritirate, ma intanto il giornalista era stato costretto a spostarsi in Inghilterra. Qui è stato ampiamente perseguitato e braccato dalla magistratura e dalla polizia inglese su istigazione del Governo USA. Rifugiatosi nell’Ambasciata dell’Equador grazie all’appoggio del presidente Correa, uno dei presidenti dell’ondata di sinistra nell’America Latina, Assange è rimasto relegato ed
assediato in una stanzetta dell’ambasciata per 6 anni. Ma in seguito ad un colpo di Stato di destra organizzato in Equador dai partiti conservatori legati alla CIA contro Correa con la solita ingiusta accusa di “corruzione” (la stessa usata per mettere fuori gioco Lula in Brasile), lo stesso Correa è stato costretto a chiedere asilo politico in Belgio. Il nuovo Governo di destra ha allora consegnato Assange alla polizia britannica, ignorando il diritto di asilo già concesso.

Ora il giornalista, ormai malato e ridotto quasi ad una larva dalle persecuzioni, attende che la magistratura britannica risponda alla richiesta di estradizione da parte degli USA (pur essendo ormai caduta l’infamante accusa di stupro). Non è retorico chiedere a tutti i cittadini democratici ed amanti della verità e della libertà di espressione, di manifestare e chiedere finalmente la liberazione di Assange.

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