L’abisso morale in cui è sprofondato il dibattito sul genocidio che Israele sta commettendo a Gaza è più profondo di quanto si possa pensare. Da una parte i fautori del suprematismo ebraico, del fondamentalismo religioso, della violenza bellica, per i quali la questione del genocidio rileverà, egoisticamente, solo quando i vertici del governo in carica saranno chiamati a rispondere della loro complicità. Al loro fianco, i mistificatori di parole: coloro per i quali la vittima è Israele, per via dell’accusa di genocidio, non i palestinesi che nel genocidio sono sterminati.
Dall’altra parte coloro che, dopo mesi di negazionismo, si ritrovano oggi nell’impossibilità di nascondere la natura genocidaria delle azioni israeliane e si rifugiano in un dibattito dai toni surreali, incentrato sul tormento non della vittima ma…del carnefice.
PROVIAMO a immaginare cosa sarebbe successo se al tempo delle guerre nella ex Jugoslavia qualcuno avesse posto al centro del dibattito il problema di come i massacri compiuti dai serbi, incluso il genocidio di Srebrenica, avrebbero influito sulla natura dell’identità…serba. O se la preoccupazione principale dei commentatori al tempo del genocidio dei tutsi in Ruanda avesse riguardato le ricadute sul modo di percepire se stessi da parte…degli hutu. O ancora se oggi, invece di interrogarci sulle conseguenze della guerra in Europa per gli ucraini, al centro delle nostre preoccupazioni vi fosse l’impatto della violenza bellica…sui russi.
Sembrano assurdità, anche solo a ipotizzarle. Eppure è esattamente quello che accade nel caso della Palestina: la preoccupazione principale di buona parte dei commentatori, che pure vorrebbero assumere una posizione critica, riguarda l’impatto che la spropositata violenza israeliana ha sugli israeliani, su come influisce sul modo in cui Israele percepisce se stesso, sulle conseguenze per gli equilibri interni al sionismo, sulle ricadute per la democrazia israeliana, sulla perdita di legittimità che va a minare lo Stato nato dal più spaventoso genocidio contemporaneo nel momento in cui si fa esso stesso Stato genocida.
La redazione consiglia:
Il Male Assoluto che ci riguarda da vicino
Su Gaza, sui sistemi sanitario, scolastico, agricolo e idrico azzerati, sul patrimonio storico e artistico distrutto, sulle città rase al suolo, sui bulldozer che passano dopo i bombardamenti a mescolare le ossa dei dispersi alle macerie, sulle atroci sofferenze inferte a due milioni di esseri umani, sui morti per fame, sulle conseguenze che questi mesi di massacri e pulizia etnica avranno per un’intera generazione di bambini orfani, mutilati, operati senza anestesia, minati indelebilmente nel fisico e nella mente dalla carestia, sulle migliaia di prigionieri detenuti senza accuse, umiliati, affamati, torturati, uccisi nelle prigioni israeliane: sui palestinesi, insomma, solo frasi di circostanza.
È COME SE tutti avessero fatte proprie le parole del presidente israeliano Isaac Herzog (colui che, senza smentita, si proclama amico del nostro presidente della Repubblica), secondo cui «non ci sono civili innocenti a Gaza, c’è un’intera nazione là fuori che è responsabile» (13 ottobre 2023). Un’intera nazione significa tutti: inclusi i neonati, anch’essi, in effetti, obiettivi militari (o al massimo «danni collaterali», secondo le parole di un intervento pubblicato dalla Rivista del Mulino online).
Ignorare le vittime, concentrando tutta l’attenzione sui carnefici, è in effetti un modo più sottile, ma ugualmente disumanizzante, di aderire alla visione che mira ad annullare i palestinesi in quanto tali, a dimostrazione di un atteggiamento intriso del medesimo colonialismo che si è fin troppo a lungo nascosto dietro la menzogna della terra senza popolo per il popolo senza terra (lo stesso perdurante colonialismo che vorrebbe ora rendere il riconoscimento dello Stato di Palestina una graziosa elargizione, sottoposta alle condizioni degli elargitori, anziché un diritto che spetta al popolo palestinese così come spetta ai popoli di tutto il mondo).
È questo che impedisce a tanti, a troppi, di riconoscere che il dramma, con cui anche noi abbiamo oggi a che fare, è la strage di decine o forse centinaia di migliaia di innocenti, non le conseguenze che queste morti avranno sugli assassini.