PAPA FRANCESCO, PRESIDENTE MACRON E LEVA OBBLIGATORIA

di Biagio Di Grazia - 18/03/2024
La relazione esiste e riguarda due fattori essenziali

Esiste una relazione tra la dichiarazione di Papa Francesco che citava l’immagine della “bandiera bianca” da parte dell’Ucraina quale strumento per accedere ad un negoziato con la Russia e porre fine alla guerra, e le affermazioni del Presidente Francese che “non esclude” l’invio di reparti francesi in Ucraina per combattere a fianco delle truppe di Kiev?

La relazione esiste e riguarda due fattori essenziali.

In primo luogo le dichiarazioni sembrano ambedue “pensate” e variamente “concordate” all’interno della propria sfera di influenza. L’intervista del Papa risale a qualche settimana fa, e vi sarebbe stato tempo e modo di variarla o emendarla; quanto al Presidente francese, una tale “uscita farneticante”, senza averla concordata in ambito occidentale, è del tutto impensabile.

Premesso che le parole del Papa sono state oggetto di vero e proprio massacro mediatico, indignazione e critiche come se si trattasse di una legittimazione dell’invasione russa e delle pretese della Russia sui territori ucraini, per arrivare persino alla denuncia infamante di “putiniano” il che è ridicolo; In seguito si è passati ad una ricerca spasmodica di “interpretazione autentica” di varie autorità, tra cui il Segretario di Stato Vaticano Parolin, per smussare e significare che la “bandiera bianca” era null’altro che una metafora inappropriata, persino motivata dalla scarsa conoscenza dell’italiano in quanto Papa “straniero”. Sono stati ben pochi a rilevare che alla bandiera bianca è storicamente associato il significato di “venire in pace” ed essere disarmati, e che non implica necessariamente il consegnarsi a un nemico.

Personalmente ritengo che l’interpretazione sia invece quella che risalta dalle parole senza alcuna variazione ”autentica” e l’Ucraina dichiari la propria sconfitta. Il Giappone si arrese e espose bandiera bianca quando capì che la potenza atomica americana l’avrebbe distrutta alla radice. I tedeschi a Stalingrado ricevettero ordine di non indietreggiare di un metro, e furono spazzati dai sovietici

In secondo luogo, le due dichiarazioni definiscono la stessa diagnosi del conflitto, “impossibilità di continuare a combattere”, ma con prognosi diverse: il Papa propone di “sedersi al tavolo della pace”; Macron, invece propone di “intervenire direttamente con truppe combattenti su suolo ucraino; una promuove la pace, l’altra promuove la guerra.

Quanto alla possibile soluzione del conflitto è lo stesso territorio di combattimento a suggerire quella più idonea: mai il fronte è stato più stabile; dopo mesi di conflitto politico interno ucraino tra Zelensky e autorità militari, che da tempo proponevano il passaggio all’azione difensiva, e i due schieramenti sono ormai ambedue difensivi, invocano una tregua e l’addivenire ad un compromesso che tutti classificano come modello coreano; nessuno vince, nessuno perde, tutti e due hanno motivo di sperare in un futuro che soddisfi le proprie rivendicazioni. Il conflitto si congela sulle rispettive posizioni raggiunte; il seguito passa alla diplomazia.

In alternativa, resta da chiarire quale conflitto immagina il Presidente Macron a supporto dell’Ucraina per raggiugere la “vittoria”: guerra nucleare o guerra convenzionale?

Anche se in una dichiarazione, il Presidente francese ha evocato la disponibilità autonoma della “Force de Frappe” nucleare, l’orientamento sembra quello di ingaggiare il confronto con i russi facendo leva su forze convenzionali europee.

L’Italia, per bocca del Ministro degli Esteri ha risposto: “non se ne parla nemmeno di inviare truppe in Ucraina”.

Ma c’è da chiedere se questa posizione sarà salda quando e se FR, PO, GE, UK, Paesi Baltici e Scandinavi attiveranno il confronto e si rivolgeranno all’Italia.

E non sarebbe la prima volta che l’Italia si “associa” a cose fatte e decise da altri; Libia, Iraq e Afghanistan insegnano. Ma, si dirà, si trattava di altri tempi e diverse circostanze! e poi c’era l’America ad invogliare gli “alleati”! Adesso, per il momento, l’America non ha intenzione di proseguire nell’avventura ucraina, né di confrontarsi con la Russia. Quindi l’America è fuori e la Francia rivendica leadership.

Sgombrato quindi il campo dall’ipotesi di conflitto atomico a guida americana, che ci vedrebbe comunque malamente coinvolti ospitando noi un discreto numero di ordigni nucleari americani su suolo nazionale (Aviano, Ghedi, Sigonella), non sarebbe il caso di indagare gli aspetti della guerra del tipo convenzionale, quale vagheggia il nostro bellicoso alleato europeo Macron?

Indipendentemente dalle assicurazioni del nostro Ministro: che il problema non ci riguarda; che la probabilità di una guerra convenzionale Europa - Russia è minima; che il Parlamento dovrà sempre e comunque decidere (ma così non è stato per la Jugoslavia e Iraq), ci dovremmo chiedere oppure no se saremmo in grado o meno di sostenere un coinvolgimento su suolo ucraino delle nostre Forze Armate.

Per rispondere occorre far riferimento a quanto insegna il conflitto in Ucraina, dove si confrontano due eserciti nazionali in una lotta del tipo “simmetrico” (contrariamente a quanto accade a Gaza dove il conflitto è “asimmetrico”), con due milioni di soldati sul campo, variamente divisi tra i due contendenti, e modernamente attrezzati.

La risposta all’interrogativo posto, non può che essere negativa: non abbiamo i numeri di personale combattente, di assetti logistici e materiali per entrare nel confronto; d’altra parte occorre ammettere che la stessa risposta dovrebbero darla molte altre nazioni europee (compresa la stessa Francia) che, come noi, da 40 anni si addestrano al peacekeeping e non alla funzione “combat”.

In altre parole, come risolvere il problema in caso di nostro coinvolgimento forzato o indotto di combattere in Ucraina?

La risposta è semplice e sicuramente farà sobbalzare dalla sedia i pochi lettori di questo mio scritto, e si chiama “leva obbligatoria ” per chiamare alle armi almeno mezzo milione di giovani, addestrarli, fornire loro gli assetti necessari per condurre un combattimento in clima operativo moderno. Non si dimentichi che la leva non è stata abolita nel 2005, ma semplicemente sospesa!

E non si tratta di fornire ai nuovi soldati uno “schioppo e 7 colpi”, perché la guerra moderna richiede alta specializzazione ovunque, nell’Esercito, nella Marina e in Aeronautica.

E come fare con le strutture fondamentali della Leva? i Distretti Militari sono stati cancellati e occorrerebbe ripristinarli; le poche caserme esistenti sarebbero insufficienti alla ricezione di nuovi soldati; molti servizi (esempio più semplice e comprensibile, la cucina) sono appaltati a ditte civili e questo non potrà più accadere; la sanità militare quasi non esiste più e occorrerà rigenerarla; e anche se il numero dei soldati chiamati potrà essere sufficiente, trovare gli ufficiali e sottufficiali di basso rango sarà un grosso problema e occorrerà conferire la nomina a diplomati e laureati così come avvenne durante la prima e seconda guerra mondiale: il Presidente Pertini fu arruolato nel 1915, partecipò e si distinse per atti di valore nella Grande Guerra prima come soldato e successivamente con il grado di sottotenente di complemento conferitogli per effetto del titolo di studio posseduto. E si potrebbe ancora a lungo dissertare sui presupposti e le esigenze da soddisfare per reintrodurre la Leva obbligatoria.

Abbiamo la volontà politica per assecondare questo obiettivo? Abbiamo le risorse economiche e i presupposti sociali con cui indurre i nostri giovani a non evocare l’obiezione di coscienza o, peggio, a disertare la chiamata?

Domandiamoci anche per chi e per cosa occorra fare tutto questo.

Per ora rassereniamoci per quanto detto dal Ministro degli Esteri, nella consapevolezza che, comunque, non si può fare nulla di più che inviare armi all’Ucraina, e lasciamo al Presidente Macron i sogni di “grandeur” che gli competono, sperando che non faccia gran danno e non ci trascini nel caos di guerra.

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