Gaza: Tante promesse, ma della ricostruzione non vi è traccia

di Carlo M. Miele - Osservatorio Iraq - 14/04/2009
La ricostruzione nella Striscia di Gaza non ha ancora avuto inizio e le condizioni di vita della popolazione restano drammatiche

A quasi tre mesi dalla fine dell’offensiva israeliana, e nonostante i grossi stanziamenti promessi dalla comunità internazionale nella conferenza di Sharm el-Sheikh, la ricostruzione nella Striscia di Gaza non ha ancora avuto inizio e le condizioni di vita della popolazione restano drammatiche.

In un comunicato emesso di recente, il direttore delle operazioni dell’Unrwa (Agenzia Onu per i profughi palestinesi) nella Striscia, John Ging, ha sottolineato che la situazione attuale “sta avendo un impatto devastante sulle condizioni fisiche e mentali delle persone che vi vivono”.

Al momento – ha detto Ging - la priorità è quella di garantire il libero accesso degli aiuti umanitari nella Striscia. “Fino a quando non potremo garantire l’assistenza umanitaria, senza restrizione, non potremo nemmeno dare il via alla ripresa e alla ricostruzione”.

Finora, tutte le promesse fatte di migliorare le condizioni di vita non hanno avuto seguito.

Gli attraversamenti tra Israele e il territorio palestinese continuano a funzionare in maniera estremamente limitata, e l’importazione di migliaia di beni (tra cui quelli necessari per la ricostruzione, come il cemento, l’acciaio e i materiali edili) resta proibita.

Le autorità israeliane hanno sempre respinto gli appelli a togliere il blocco, lanciati dalle diverse organizzazioni internazionali.

L’ultimo in ordine di tempo viene dalla Campagna europea per la fine dell’assedio su Gaza (Ecesg), che ha denunciato la situazione umanitaria nella Striscia e chiesto un intervento immediato della comunità internazionale.

“L’assedio – ha dichiarato l’Ecesg - non solo sta soffocando la popolazione di Gaza, privandola delle necessità minime, ma sta violando anche il diritto internazionale”.

Lo stesso Ecesg sta tentando di attirare l’attenzione internazionale sulle sofferenze dei cosiddetti “nuovi profughi”, ossia degli sfollati palestinesi che hanno perso la propria abitazione durante l’offensiva israeliana di gennaio.

“Tuttora – ricorda l’organizzazione - un numero considerevole di persone vive all’interno di scuole, strutture alberghiere, mentre altri si trovano in campi di fortuna allestiti dalle organizzazioni internazionali”.

L’assedio israeliano, che dura oramai da quasi due anni, associato alla povertà di questo territorio (85 per cento della popolazione al di sotto della soglia di povertà), sta rendendo le condizioni di vita particolarmente drammatiche.

Critica è anche la situazione sanitaria, visto che Ie tante strutture mediche distrutte durante l’offensiva israeliana non sono ancora state ricostruite. A ciò va aggiunta la penuria di medicinali: secondo il ministero della Salute di Gaza, un numero preoccupante di prodotti e di apparecchiature non sono più disponibili.

Altra emergenza, infine, è costituita dalla mancanza di acqua corrente, determinata dal danneggiamento di pozzi e condutture avvenuta durante l’offensiva dell’esercito di Israele. Al momento ne sono sprovviste oltre 150mila persone, cioè circa il 10 per cento della popolazione della Striscia.

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