La NATO accende i motori della guerra: inizia l’esercitazione nucleare Steadfast Noon

di Laura Tussi e Salvatore Izzo - 18/10/2025
Purtroppo l’Italia partecipa e spinge per il Rearm Europe
Il 13 ottobre prenderà il via nei cieli d’Europa l’esercitazione nucleare annuale della NATO, denominata Steadfast Noon. Quest’anno si terrà presso la base militare di Volkel, nei Paesi Bassi, uno dei siti che, secondo diverse fonti indipendenti, ospitano ordigni nucleari statunitensi nell’ambito della cosiddetta “condivisione nucleare”. Vi parteciperanno circa duemila militari provenienti da otto basi aeree dell’Alleanza e saranno impiegati diversi tipi di velivoli, tra cui jet con capacità nucleare, bombardieri strategici, caccia di scorta, aerei da rifornimento e velivoli per la ricognizione e la guerra elettronica.

All’esercitazione parteciperanno 14 Paesi della NATO, tra cui l’Italia, che da decenni ospita sul proprio territorio le bombe nucleari B61 statunitensi nelle basi di Aviano e Ghedi. Si tratta di un dato politicamente rilevante, poiché implica la disponibilità del nostro Paese ad addestrarsi per l’uso di armi di distruzione di massa in un contesto di “difesa collettiva” che, di fatto, espone l’Europa a un rischio crescente di coinvolgimento diretto in uno scenario atomico. Ma l’Italia è anche tra i paesi che spingono per il Rearm Europe che sottrarre risorse al sociale per finanziare la produzione di strumenti di morte in particolare con l’industria di proprietà dello Stato, la Leonardo Spa che ha il principale partner nello Stato d’Israele.

La deriva bellicista dell’Alleanza Atlantica

Mentre le cancellerie europee invocano la “deterrenza” come garanzia di sicurezza, cresce invece l’impressione che la NATO stia alimentando una spirale di tensioni sempre più pericolosa. Ogni esercitazione, ogni dispiegamento di mezzi bellici e ogni manovra di guerra contribuisce a rendere più fragile l’equilibrio internazionale, anziché rafforzarlo. Lo chiamano “addestramento preventivo”, ma in realtà si tratta di una provocazione permanente che legittima la logica della forza e del riarmo, con costi enormi per le popolazioni europee e un rischio incalcolabile per la pace globale.

La cosiddetta “coesione dell’Alleanza” si traduce sempre più spesso in un allineamento cieco alle strategie statunitensi, che vedono l’Europa come una retrovia militare, non come uno spazio di mediazione diplomatica. Le basi e i cieli europei diventano così un teatro di guerra virtuale, dove si simula l’impiego di bombe atomiche sotto il pretesto della sicurezza.

Il dibattito politico in Italia

In Italia, le reazioni a queste manovre restano tiepide, quando non apertamente favorevoli. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito più volte che “la partecipazione italiana alla NATO è un pilastro irrinunciabile della nostra sicurezza”, mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto ha difeso gli investimenti nel settore militare come “necessari per la deterrenza e la stabilità internazionale”.

Di tutt’altro avviso le forze pacifiste e una parte della sinistra, che denunciano la progressiva perdita di sovranità nazionale e la subalternità del governo italiano agli interessi del complesso militare-industriale.
Giuseppe Conte e alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle hanno criticato l’aumento delle spese per armamenti, definendolo “una follia in tempi di crisi economica e sociale”. Anche Unione Popolare, insieme a movimenti cattolici di base e associazioni come Pax Christi, chiede da tempo il ritiro delle testate nucleari dal territorio italiano e l’adesione al Trattato ONU sulla proibizione delle armi nucleari, mai ratificato dal nostro Paese.

Il silenzio del Parlamento sul tema della “condivisione nucleare” contrasta con la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica: secondo recenti sondaggi, oltre il 70% degli italiani si dichiara contrario alla presenza di ordigni atomici in Italia e ritiene che l’Italia debba perseguire una politica estera più autonoma e orientata alla pace.

Il commercio di armi e il richiamo di Papa Leone XIV

L’altra faccia di questa politica è la produzione e cessione di armi, che continua a crescere senza controllo. L’Italia, con l’azienda Leonardo in prima fila, figura tra i principali esportatori di sistemi d’arma al mondo: dagli elicotteri ai missili, dai radar ai droni, molti dei quali finiscono nelle mani di governi coinvolti in conflitti attivi.

Le autorizzazioni per l’export bellico verso paesi come Israele, Arabia Saudita, Egitto o Turchia sono in netto aumento, nonostante le gravi violazioni dei diritti umani documentate da organizzazioni internazionali.

Proprio su questo punto è intervenuto più volte Papa Leone XIV, condannando con fermezza la “logica della produzione e del commercio delle armi come principale causa delle guerre”. Il Pontefice ha ricordato che “non ci sarà mai pace finché le nazioni troveranno profitto nella morte degli altri”, invitando i governi europei a ridurre drasticamente le spese militari e a riconvertire l’industria bellica in un’economia di solidarietà.

Un monito che suona come una denuncia diretta alla NATO e ai suoi membri, incapaci di concepire la sicurezza al di fuori della logica armata. “L’unica deterrenza che salva – ha detto Leone XIV – è quella della fraternità e della giustizia”.

Un’Europa sempre più lontana dalla pace

L’inizio della *Steadfast Noon* non è dunque un episodio isolato, ma un tassello di una strategia che da anni alimenta l’escalation militare ai confini dell’Europa. Dall’Ucraina al Baltico, dal Mediterraneo al Medio Oriente, ogni nuova esercitazione rafforza un modello di sicurezza fondato sulla paura e sulla competizione. Invece di lavorare a un’architettura comune di pace e disarmo, la NATO continua a muoversi come un blocco chiuso, impermeabile al dialogo e ostile a ogni tentativo di costruire un ordine multipolare basato sulla cooperazione.

L’Italia, partecipando a questa esercitazione, si rende corresponsabile di una politica che prepara alla guerra, non alla pace. E mentre il mondo è attraversato da crisi umanitarie, cambiamenti climatici e disuguaglianze sempre più gravi, i governi dell’Alleanza scelgono di investire miliardi in arsenali nucleari, alimentando la follia di una “pace armata” che non ha mai garantito sicurezza a nessuno.

Se la NATO fosse davvero un’alleanza di difesa, lavorerebbe per il disarmo e il dialogo tra i popoli. Invece continua a essere, oggi più che mai, uno strumento che porta guerre e che trascina l’umanità sull’orlo di un’escalation inarrestabile.

Laura Tussi e Salvatore Izzo

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