VIOLENZA VERBALE

di Francesco Baicchi - 23/04/2022
Il nostro futuro, se ne avremo uno, non dipenderà da quante armi riusciamo a comprare

Una sinistra che da anni non riesce a trovare quel minimo di coerenza necessaria a proporre agli elettori una alternativa credibile agli adoratori del ‘mercato’ ha trovato un ulteriore motivazione per dividersi su un tema drammatico come la guerra. Una divisione che sfiora lo scontro fisico fra contendenti che sono sempre stati fianco a fianco e che utilizza una violenza verbale inusitata.

Non credo sia il caso di riproporre le argomentazioni espresse quasi meccanicamente in tutte le sedi col solo esito di approfondire i dissensi, ma non posso non ricordare che questo confronto ci riporta indietro di più di un secolo: a prima del 1945, quando le Nazioni del mondo, uscite dal disastro della seconda guerra mondiale, si accordarono per praticare la tolleranza ... vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, unire le forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, assicurare, mediante l’accettazione di principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune, impiegare strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli” (Preambolo allo Statuto delle Nazioni Unite)

Sappiamo tutti che l’ONU non ha funzionato in questi anni come i pacifisti speravano, ma questa dichiarazione ha un sottinteso che non possiamo dimenticare: anche se le guerre (ipocritamente definite ‘regionali’) hanno continuato a esserci, si è progressivamente tentato, anche se con poco successo, di far nascere un diritto internazionale che costituisse un riferimento accettato e ponesse dei limiti all’assolutismo dei poteri nazionali.

Così l’aggressione russa alla Ucraina, qualunque ne sia l’esito, rimane illecita e chi l’ha decisa deve essere perseguito.

Questo obiettivo, sicuramente non facile, è alternativo e contrapposto alla ricerca di una vittoria sul campo, magari ottenuta con la crescita incontrollata del volume di fuoco e della potenza delle armi, che non potrebbe che prendere atto del successo del più forte.

Costituirebbe la riaffermazione della prevalenza della violenza sul diritto e la definitiva negazione dello storico passo avanti realizzato nel 1945. Esattamente ciò che le grandi potenze perseguono da sempre con le loro politiche imperialistiche, dopo aver fatto fallire l’ONU e impedito la sua riforma. Lo scontro sul campo è ciò che vuole Putin, che l’ha iniziato.

L’Europa fu il principale campo di battaglia della seconda guerra mondiale e rischia nuovamente di essere il terreno di gioco di strategie che non ha deciso. Il suo ruolo dovrebbe essere quello di rilanciare lo spirito del 1945, liberandosi della sudditanza a interessi altrui e chiamando la collettività internazionale a riaffermare la priorità del diritto e della solidarietà fra i popoli.

Il nostro futuro, se ne avremo uno, non dipenderà da quante armi riusciamo a comprare.

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Redazione di LC
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