Autonomia differenziata la bassa cucina del ceto politico che vuole subito la riforma

di Massimo Villone - La Repubblica Napoli - 30/03/2024
Pronti a contrastare l'iniziativa leghista con ricorsi in via principale alla Corte costituzionale da parte di una o più regioni, e sollecitando la partecipazione democratica in sede regionale e locale

Il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa benedice l'Autonomia differenziata. Il ministro Calderoli esprime grande soddisfazione. Per lui una boccata d'aria, perché fin qui un sordo conflitto ha diviso chi voleva giungere al voto finale sul suo ddl (AC 1665) prima delle europee, e chi voleva rinviare a dopo le urne. Secondo le ultime notizie, vince la fretta. Caterpillar Calderoli va in Aula il 29 aprile.

 Intanto, nella I Commissione della Camera le audizioni sull'AC 1665 ripetono il copione Senato, con censure quasi unanimi. Emblematica la seduta del 26 marzo, con l'audizione di Confindustria Napoli (reperibile su Youtube). Nettissima la posizione contraria di Jannotti Pecci, che ha criticato a fondo i Livelli essenziali di prestazione (Lep) come configurati e con il limite dell'invarianza di spesa che riporta tutto alla spesa storica. Ma soprattutto ha stigmatizzato la frammentazione che in prospettiva rende impossibili le politiche nazionali strategiche per la riduzione dei divari e delle diseguaglianze e per la crescita di tutto il paese. Non è una novità. Il mondo dell'impresa non ha alcun interesse alla moltiplicazione delle regole e delle burocrazie su base territoriale. Posizione da ultimo confermata nella presentazione del IV Rapporto PMI Campania a Napoli.

Sull'Autonomia differenziata le voci contrarie sono in larga maggioranza. E non solo quelle di esperti, tecnici e soggetti autorevoli non sospetti di partigianeria come Bankitalia, Ufficio parlamentare di bilancio o Svimez. Al mondo dell'impresa si aggiunge il mondo del lavoro. La Cgil con la Via Maestra ha raccolto attorno a sé un vasto mondo associativo e civico, assumendo tra gli obiettivi primari anche il contrasto alle riforme (Autonomia differenziata e Premierato). La scuola e la sanità sono dal primo giorno in trincea. È scesa in campo la Chiesa. Ha parlato per primo il vescovo Mimmo Battaglia, seguito poi da molti. Da ultimo il cardinale Zuppi ha manifestato timori per la tenuta del sistema paese. Ora, esprimono una ferma censura i vescovi calabresi.

Ma allora chi vuole l'Autonomia differenziata? A ben vedere, interessa davvero solo al ceto politico, iscrivendosi nella competizione interna alla maggioranza tra Lega e Fratelli d1talia. La Lega vuole accelerare, per piantare la sua bandierina prima del voto europeo, con Salvini speranzoso di puntellare la sua vacillante segreteria. A quanto ora vediamo, al momento vince. Giorgia Meloni vuole consolidare l'accresciuta presenza del suo partito nel Nord, punta alla presidenza del Veneto, e quindi non frena sull'Autonomia in modo esplicito. Alla destra rimane ora l'argomento - insostenibile di fronte all'evidenza -che sia un'occasione anche per il Sud. Sentiremo anche dire che tanto ci vorrà molto tempo, per la condizione imposta di previa determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni).

È falso. I Lep sono un miraggio, se non un imbroglio manifesto, mentre sono state contate ben 184 funzioni statali in materie non-Lep, comunque trasferibili subito. Anzi cifra carente per difetto.

Nell'ambito delle materie Lep si individuano infatti singole funzioni non-Lep, che vanno aggiunte nel conto totale. Nell'audizione prima citata le elenca per la sanità l'onorevole Colucci (M5S, domanda al minuto 58). Riguardano in specie la formazione, i contratti, le retribuzioni. Egli auditi (della Cimo -Fesmed e Anao -Assomed) concordano, aggiungendo che alcune regioni già attuano regimi differenziati. Ovviamente, possono permetterselo.

Al voto finale sull'AC 1665 si arriverà, prima o dopo del voto europeo. E da allora in ogni momento può essere varata per una o più regioni un'Autonomia differenziata su un arco di funzioni abbastanza ampio da disarticolare il paese. Non sappiamo se Giorgia Meloni ne sia consapevole, o sia in grado di capire, o pensi di sanare i guasti con il suo premier assoluto, se mai vedrà la luce. Ma non ci interessa. Essenziale è impedire che accada. È intollerabile che il futuro del paese si giochi in una bassa cucina di ceto politico. Ma non possiamo attenderci che le opposizioni in parlamento vincano la battaglia.

Pronti dunque a contrastare l'iniziativa leghista con ricorsi in via principale alla Corte costituzionale da parte di una o più regioni, e sollecitando la partecipazione democratica in sede regionale e locale. Per un referendum abrogativo, forse inammissibile, si vedrà comunque poi. E intanto, in qualunque turno elettorale, a chi vuole il nostro voto chiediamo in cambio un esplicito impegno per un paese più unito ed eguale

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