IL PD E DE LUCA JR IRENE TINAGLI SCIOLGA IL NODO DEI "FIGLI DI"....

di Marco Demarco - corriere.it - 05/04/2021
l figlio del governatore è appena stato indicato come vicecapo del gruppo alla Camera: una carriera fulminante. Ora, affrontato il capitolo «donne», se ne apre un altro. Però proprio la vice segretaria vicaria al «fattore famiglia» ha dedicato un capitolo del suo nuovo libro

Il Pd ha un nuovo caso spinoso da risolvere. Ma è fortunato, perché può farlo avendo la persona giusta al posto giusto. Il caso è quello di Piero De Luca, 41 anni, eletto parlamentare tre anni fa nel listino «protetto» del collegio Napoli-Caserta, perché trombato in quello uninominale di Salerno, e appena indicato al vertice del gruppo dei deputati come vice di Debora Serracchiani. Piero è il primogenito di Vincenzo, discusso governatore della Campania, uno di quelli che per Cassese governa credendo di essere «il Re Sole o un imperatore austro-ungarico». A differenza del fratello Roberto, già assessore a Salerno, Piero è alla sua prima esperienza istituzionale. Una carriera fulminante, la sua.

Questo vuol dire che, affrontato il capitolo «donne» con Serracchiani alla Camera e Malpezzi al Senato, il Pd deve ora mettere mano a quello dei «figli di»? Fuori il maschilismo, resta il nepotismo? A metterla banalmente così si rischia di confezionare una di quelle provocazioni tanto farcite di moralismo e demagogia da risultare indigeste a prescindere; e dunque a maggior ragione irricevibile per Letta e per tutto il gruppo dirigente del Nazareno. Il problema però è che la questione non può non essere posta. Primo, perché è già sulla bocca di tutti, specialmente dalle parti di Napoli e dintorni. Secondo, perché la si collega a qualcosa che non riguarda solo il Pd ma tutti, cioè a uno scambio tra Pd e De Luca in vista di una candidatura unitaria (dell’intero centrosinistra, insomma: Roberto Fico) a sindaco di Napoli. Terzo, perché l’Italia è il Paese in cui, anche per effetto del nepotismo, ci vogliono cinque generazioni affinché, in un metaforico palazzo di venti piani, l’ascensore sociale possa portare al decimo chi parte dal sottoscala.

La questione è dunque molto delicata, come ben sa Irene Tinagli, neo-vicesegretaria vicaria del Pd. È lei la «risolutrice» ideale. Il suo ultimo libro (La grande ignoranza. L’ascesa dell’incompetenza e il declino dell’Italia, Mondadori, 2019) è dedicato alla meritocrazia in politica, ha un capitolo specifico sul «fattore famiglia» e a pagina 54 cita tra le new entries, sebbene senza allusioni, proprio lui: De Luca jr. Tinagli mette opportunamente in guardia da un rischio generale, quello di «una delegittimazione e di un possibile rifiuto tout court della classe politica, vista come chiusa e autoreferenziale». Come uscirne? Nel libro, senza indicarli, si invocano «criteri seri e rigorosi». Uno potrebbe essere questo: motivare le scelte. Motivarle per evitare equivoci, illazioni e sospetti. Nel caso specifico, dire perché De Luca e non un altro, sperando così di convincere anche quelli del sottoscala. In fondo, sono «figli di» anche Rosa Russo Iervolino e Massimo D’Alema.

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