Molta strada da fare

di Giulio Marcon - sbilanciamoci.info - 19/10/2020
Per il 2021 le stime della Nadef sono positive ma prudenti. Ci sono incognite e “scenari di rischio”. Il principale è il peggioramento della situazione dei contagi da Covid-19 in Italia e in Europa. Altra incognita è la partenza dei progetti del Recovery Plan. Resta però ambigua la parte della Nadef sulla riforma fiscale

Con la pubblicazione della NADEF (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) e la presentazione del Documento Programmatico di Bilancio (DPB) a Bruxelles, il quadro di quello che è successo dal punto di vista economico e sociale nel 2020 – e di quello che accadrà nel 2021 e nel 2022 – si fa un po’ più chiaro.

Dal punto di vista economico il 2020 è stato un ciclone. In Italia il Pil scende (si prevede) del 9%, il debito pubblico aumenta di 23 punti, l’occupazione crolla del 9,3%. Idem per l’eurozona, con un crollo del Pil dell’11%, e per gli Stati Uniti, con la perdita di milioni di posti di lavoro. Solo la Cina va un po’ meglio, con un Pil che quest’anno crescerà del 3,2%. Per il 2021 le stime della NADEF sono positive, addirittura ottimistiche, con un rimbalzo del Pil in Italia del 6% e l’aumento dell’occupazione (fino al 10% in più) e della produzione industriale, portando gli investimenti per ricerca e innovazione sopra la media europea. Ma ci sono – come li chiama la NADEF – “scenari di rischio”. Il principale è il peggioramento della situazione dei contagi in Italia e in Europa, e non solo.

Questo peggioramento sta già avvenendo, e se continuasse nei prossimi mesi la NADEF ci dice che il Pil crescerebbe di poco più dell’1%; e di nuova occupazione (dopo averne persa tanta nel 2020) non avremmo traccia. Pesanti ombre avremmo anche ovviamente sul commercio mondiale e – per quanto ci riguarda – sull’export, che è una componente fondamentale della nostra produzione industriale. Un’altra incognita è la partenza dei progetti del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (o Recovery Plan): abbiamo ancora difficoltà in Europa a trovare un accordo e l’Italia, a parte le linee di indirizzo, non ha prodotto granché. Prima ci è stato detto entro il 15 ottobre, ora entro la fine del mese. Vedremo. Senza i soldi del Recovery Plan, le stime della crescita per il 2021 dovranno essere riviste al ribasso.

In questo quadro la NADEF fotografa l’esistente ed è prudente sul futuro. Positiva l’enfasi sugli investimenti pubblici e sulla necessità di spendere di più per sanità, istruzione, welfare. Ambiguo e opaco il passaggio sulla riforma fiscale da varare, assolutamente insufficiente il passaggio sulla riduzione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD), non condivisibile la sottolineatura delle politiche di agevolazioni fiscali alle imprese per investimenti che non faranno mai, non avendoli fatti nemmeno in passato. Nonostante la grande enfasi sul Green Deal (la Commissione europea ha stabilito che il 37% dei fondi vada in questa direzione) traspare dai documenti una grande debolezza sulle scelte e le linee di intervento – vaghe e generiche – da praticare in questa direzione.

C’è quindi ancora molta strada da fare. Decisive saranno le prossime settimane, i prossimi mesi. Serve maggiore chiarezza e determinazione sul Green Deal e sulla difesa dell’occupazione: l’abbiamo più volte detto, è un vero Piano del Lavoro quello di cui avremmo bisogno. E sulla politica fiscale (uno dei collegati alla prossima Legge di Bilancio) il governo dovrebbe sterzare verso politiche di progressività fiscale (parola che il governo non usa mai, ma quella parola è nella nostra Costituzione) e non semplicemente verso una generica “equità”. Avremmo bisogno di porci subito l’obiettivo della cancellazione dei SAD e non – come dice la NADEF – di una loro limitata “revisione”. Dovremmo ridurre le spese militari ed evitare di pensare di fare il Ponte sullo Stretto, come si dice nel piano “Italia veloce”. E l’obiettivo che viene posto di portare stabilmente gli investimenti pubblici al 3% è troppo modesto: solo portando strutturalmente gli investimenti pubblici al 5-6% si può pensare di avere nel lungo periodo – oltre il Recovery Plan – politiche espansive e durature, efficaci.

Per costruire un’Italia diversa, dunque, c’è ancora molta strada da fare.

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