L’esempio di Stanislav Petrov

di Barbara Fois - Liberacittadinanza.it - 16/03/2022
Siamo vivi per merito suo: in futuro avremo di nuovo la stessa buona fortuna?

In questi giorni si parla solo della possibilità che una eventuale Terza Guerra Mondiale diventi anche nucleare ed a questo punto dobbiamo chiederci: in questo ultimo terribile caso in Russia ci sarà un altro Petrov che ci salverà dall’ecatombe finale?

Ma poi chi era Stanislav Petrov e cosa ha fatto? Ammetto che prima di ascoltare il monologo di Stefano Massini, nel programma “Piazza pulita” di Corrado Formigli, non ne ricordavo assolutamente il nome, anche se rammentavo il fatto, nelle sue linee essenziali.

I fatti

Il 26 settembre 1983 Stanislav Petrov, tenente colonnello dell’esercito sovietico, non doveva nemmeno essere in turno di notte nel bunker Serpukhov 15 dove deve controllare i dati che vengono inviati dai satelliti che spiano i movimenti degli armamenti statunitensi. D’un tratto i suoi schermi gli indicano che cinque missili intercontinentali sono partiti da una base nel Montana. Petrov sa benissimo ciò che deve fare nel caso di un attacco nucleare preventivo da parte degli USA. Sa che, dopo la comunicazione ai superiori, l’allarme lanciato percorrerà la scala gerarchica e porterà in pochi minuti alla massiccia operazione di rappresaglia: partiranno missili balistici sufficienti a distruggere obiettivi strategici in Inghilterra, Francia, Germania Ovest e Stati Uniti.

“Ma Petrov non era convinto. Perché solo cinque missili? Sapeva quale fosse il suo compito, ma pensò che un attacco preventivo, tale da scatenare la terza guerra mondiale, e per di più atomica, non sarebbe mai potuta partire con soli cinque missili. E nello spazio di pochissimi secondi prese la decisione più importante della sua ... e delle nostre vite!”

Infatti interpretò il segnale come un errore del satellite e aveva ragione: ora sappiamo che ciò che il satellite sovietico interpretò come il lancio di cinque missili balistici intercontinentali era in realtà l’abbaglio del sole riflesso dalle nuvole. Petrov era la persona giusta nel momento giusto, tuttavia ha sempre sostenuto di non considerarsi un eroe, di aver fatto ciò che gli sembrava più logico. I suoi superiori non la pensarono così: fu obbligato ad andare in pensione anticipatamente ed ebbe un esaurimento nervoso per lo stress. La sua storia è venuta alla luce solo molti anni dopo. In onore del tenente colonnello Stanislav Evgrafovic Petrov l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha introdotto nel 2013 la Giornata Internazionale per l’eliminazione totale di tutte le armi nucleari, che viene celebrata ogni anno il 26 settembre. Petrov è morto nel 2017, a 77 anni.

Qualche riflessione

Oggi cosa succederebbe, in una situazione simile?Visto il clima imperante, l’aggressività minacciosa della Russia di Putin, che sembra non aspettare altro che un insignificante motivo per scatenare l’inferno sul piano globale, finiremmo subito in una guerra atomica mondiale, perché nessuno si prenderebbe la responsabilità di aspettare e di capire meglio come stiano davvero le cose - come fece Petrov - per paura dell’ira dello zar e dei suoi servi famelici e bugiardi. E così assistiamo a uno spettacolo inquietante: dalla Russia arrivano solo minacce di ritorsioni: al mondo occidentale, all’Unione europea, intimidazioni che arrivano anche a prospettare non solo una guerra nucleare, ma pure una batteriologica… non me lo invento: infatti come interpretate voi la denuncia russa che parla di laboratori in Ucraina dove si starebbero preparando miscugli chimici mortali per uccidere i civili? A me non sembra che siano solo fake news, per equilibrare le notizie ( e le immagini!) dei loro bombardamenti su ospedali pediatrici e asili infantili, ma credo che la gallina che ha cantato per prima, stia facendo un uovo velenoso, per poi addossare la colpa di eventuali danni ai civili, ai poveri ucraini. Ma poi di che ci stupiamo? Non è forse stato l’Occidente, non sono stati USA e UK a inventare la guerra preventiva contro Saddam, come ben sappiamo, e senza alcun motivo reale, come poi fu appurato? Non lo accusavamo di approntare gas nervini e una guerra batteriologica mortale? Tutte frottole, tutte scuse per invadere il suo paese.

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Dunque si diceva: da una parte c’è questa Russia e dall’altra c’è l’Europa che cerca di mantenere la calma, di usare la diplomazia, ma appare solo confusa, inefficace e tremebonda. Il fatto è che noi europei non vogliamo essere trascinati in una guerra, che è cosa scomodissima, oltre che pericolosa, ma d’altra parte non possiamo stare a guardare il massacro di un popolo, anche perché potrebbe un domani toccare a noi. Non c’è dunque nessuna umana generosità da parte nostra, ma solo un mero calcolo di convenienza. E così gli diamo un po’ di armi, poniamo delle sanzioni dure contro l’invasore, però non abbastanza perché il gas russo ci serve, ma in sintesi non siamo disposti a fare altro, a dare vita e forza ad atti più significativi. A questo punto ci sono una serie di domande che si impongono: qual è l’obiettivo reale di Putin? A che serve questa guerra? Quali saranno gli effetti collaterali, le ricadute, gli esiti di questo conflitto? Quale sarà il ruolo dell’Italia e come ne usciremo? Beh, non a tutte abbiamo trovato una risposta…

Perché questa guerra?

In questi venti giorni di guerra, è stato detto di tutto e di più, sulle ragioni di questa guerra, nessuna delle quali convince del tutto. Perché la situazione dei rapporti fra Russia e Ucraina è molto complessa, al di là dei protagonisti di oggi. Per capirci qualcosa dobbiamo almeno risalire al 2014, ben prima delle elezioni vinte da Zeleski nel 2019.

Alla dissoluzione del gigante sovietico, l’ Ucraina avvia un processo di separazione, fino all'atto di indipendenza del 1991. Nel 2004 il Paese vive una "rivoluzione arancione" e si avvicina all'Europa, contro l'espansionismo russo. Ma crisi politiche e imponenti movimenti di piazza sfociano nella "rivoluzione ucraina del febbraio 2014" (contro il presidente Yanukovich, che si rifiuta di firmare l'accordo di associazione con l'Ue). La Russia non sta a guardare: l'area è un nodo strategico attraverso il quale transita il gas russo venduto all'Occidente. Quando Yanukovich viene esautorato, Putin ordina l'azione militare per annettere la Crimea, abitata da una popolazione a maggioranza russa. L'obbiettivo è riportare l'Ucraina sotto l'influenza di Mosca.

Dunque è nel 2014 che è iniziato un piano di accerchiamento dell’Ucraina, che oggi culmina in questa guerra ingiusta. In quell’anno infatti Putin si incamera – come abbiamo detto – la Crimea e foraggia gruppetti separatisti filo russi nel Donbass, regione sud-orientale, che occupano i palazzi governativi del governo ucraino di quei luoghi. Eh sì, perché questa zona del Donbass apparteneva all’Ucraina. Ma Putin aveva un suo disegno: circondare l’Ucraina con staterelli fantoccio al suo soldo e poi espugnarla. Ma a quanto pare il boccone era troppo grosso.

Ma torniamo al Donbass: dal 6 aprile 2014, sono state due le repubbliche che si sono proclamate indipendenti: la Repubblica Popolare di Donec'k e la Repubblica Popolare di Luhans'k, e a chiedere un referendum che sancisse lo status indipendente delle loro regioni all'interno dell'Ucraina. Sappiamo bene come avvengono le votazioni in Russia e anche questo referendum non ha fatto eccezione. Il referendum, non riconosciuto e non verificato da alcuna organizzazione internazionale terza, si tenne comunque l'11 maggio 2014. Il 24 maggio 2014 venne proclamata una federazione tra queste due repubbliche popolari, lo Stato federale della Nuova Russia, progetto terminato un anno dopo. Le nuove repubbliche filo-russe non sono state riconosciute dallo Stato ucraino, che ne rivendica l'intero territorio e considera queste entità come organizzazioni terroristiche di occupazione.

Il 21 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin ha firmato, in diretta televisiva, il decreto di riconoscimento ufficiale delle Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk e ordinato l'invio di truppe della Federazione Russa con presunta funzione di forze di pace nella regione del Donbass. Ma Putin ha riconosciuto solo unilateralmente l'indipendenza dei distretti del Donetsk e del Lugansk, creando di fatto uno Stato cuscinetto nel Donbass, sotto il suo controllo. A questo punto, finita anche la tregua per le Olimpiadi invernali, che non a caso si tenevano in Cina, poteva portare a termine il suo piano di conquista dell’Ucraina.

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Eppure solo lo scorso 20 aprile 2021, all’acme dell’escalation lungo i bordi orientali dell’Ucraina, Zelensky, aveva invitato Putin ad un incontro chiarificatore per parlare del focolaio della guerra nel Donbass. Due giorni più tardi, il 22, dal Cremlino giungeva una replica (parzialmente) positiva: completa disponibilità ad un vertice tra i due presidenti, ma preferibilmente a Mosca. Una scelta, quella della diplomazia russa, con una valenza sia tattica sia strategica: perché Zelensky, accettando di recarsi nella capitale russa per raggiungere e siglare una pace di ferro con il rivale numero uno dell’ Ucraina, avrebbe accondisceso ad una umiliazione e a una cosiddetta vittoria mutilata. Ma poi cosa è successo? Come siamo passati da trattative in corso a una invasione e guerra? Invasione e guerra? Ma quando mai? Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, infatti, ha detto esplicitamente, fra l’incredulità del mondo intero, che loro non hanno invaso l’Ucraina e che non c’è nessuna guerra, ma solo delle manovre in supporto alle popolazioni del Donbass, attaccate dall’Ucraina (!!).

E infatti a una precisa domanda fatta da un giornalista, se la Russia avesse intenzione di estendere la guerra, ha risposto “ Non abbiamo in mente di attaccare altri paesi. E prima di tutto non abbiamo attaccato l’Ucraina.” No?? Pensa un po’: che sarebbe successo se l’avessero attaccata!?

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Pensava forse di poterci vendere le balle di cui imbottiscono le teste dei poveri russi, isolandoli dal resto del mondo, come per altro faceva l’Unione Sovietica. L’informazione è sempre stata oggetto di un controllo ossessivo e quando i giornalisti non potevano essere zittiti, li si eliminava e basta, come hanno fatto con Anna Politkoskaja e con altri giornalisti della Novaja Gazeta come Anastasia Boburova, 25 anni, praticante giornalista, uccisa insieme a Stanislav Markelov, giovane avvocato idealista impegnato nella difesa delle libertà civili, che aveva portato, davanti alla giustizia numerosi militari russi, signori della guerra ceceni e neofascisti. E poi è stata la volta di Sergei Protazanov, 40 anni, giornalista di Grazhdanskoe Soglasie (Consenso civile), un quotidiano d'opposizione di Khimki, un piccolo centro alle porte di Mosca. Di questi omicidi ne abbiamo scritto a lungo a suo tempo, ma del resto, secondo la IFJ, cioè la Federazione Internazionale dei Giornalisti e Reporters sans Frontiéres, sono molte decine i giornalisti morti in Russia solo per cercare di dire la verità e giustiziati in vario modo. Per non dire degli oppositori avvelenati: chi non ricorda Alexander Valterovic Litvinenko, morto avvelenato dal polonio radioattivo, versato nel suo tè a Londra, e Alexej Navalny, a cui avvelenarono le mutande e fu per morire. E a disdoro di Putin riacquistata la salute lo prese in giro pubblicamente chiamandolo “l’avvelenatore di mutande” ed è così che voglio cominciare a chiamarlo anch’io, altro che zar, orso crudele ed altre definizioni che inneggino alla sua forza e al suo incutere paura!

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Ma intanto la guerra persiste, nonostante tentativi sempre frustrati di mediazione, e la povera gente dell’Ucraina continua a morire sotto bombardamenti continui e indiscriminati su obiettivi sia militari che civili, come abitazioni, ospedali, scuole e asili. Ma la nostra pietas include e comprende anche i poveri figli russi, ragazzi di leva spediti su un fronte di guerra, impreparati e non informati degli obiettivi reali da raggiungere: solo carne da cannone per soddisfare le demenziali aspirazioni di un solo uomo: migliaia di morti in suo nome. Una follia, una assurdità senza fine.

Dunque cosa ci resta della lezione, dell’esempio che ci ha lasciato Stanislav Petrov, un uomo intelligente e umano che credeva nella pace universale e nella comprensione reciproca? Al momento ben poco. Quello che si vede è solo una gran voglia di guerra e di violenza, rabbiosa, cieca, insensata. Speriamo che ci sia qualcun altro, come Petrov, che cerchi di fare un passo indietro, che si fermi e ragioni e salvi il mondo dalla catastrofe.

 

Barbara Fois

 

Approfondimenti

http://www.vita.it/it/article/2019/04/24/la-vittoria-di-zelensky-e-piu-che-altro-una-grande-sconfitta-di-porosc/151356/

https://www.swissinfo.ch/ita/ucraina--il-partito-di-zelensky-conquista-il-parlamento/45114308

https://www.agi.it/estero/ucraina_russia_zelensky-5371885/news/2019-04-24/

https://www.focus.it/cultura/storia/venti-di-guerra-sul-donbass

https://www.liberacittadinanza.it/articoli%20old/dalla-russia-con-furore

https://www.liberacittadinanza.it/articoli%20old/la-verita-a-muta

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