A volte ritornano

di Corrado Fois - liberacittadinanza.it - 29/09/2023
Siamo prigionieri in una sorta di teatro, costretti a vedere lo spettacolo- Walter Benjamin

Alla dietrologia, scienza buona per chi ama le cospirazioni, preferisco la davantologia. Certo è una scienza piatta, tendenzialmente ripetitiva poiché basata sull’osservazione dei fatti e quindi a rischio di essere la fiera dell’ovvio. Infatti, rispetto alla rutilante costellazione di minchiate esaltanti che la dietrologia consente, la scienza del visibile è apparsa per lungo tempo freddina e monocromatica. Tuttavia se i fatti che abbiamo davanti diventano a loro volta, col tempo ed inesorabilmente, delle minchiate cosmiche ecco che la davantologia si arricchisce e si espande fino ai confini dell’assurdo. Riflettiamo dunque su alcune piccole ed ovvie cose tra Cittadini. Non sarebbe necessario, non mi piace più parlare dell’Italia che la sinistra ha regalato alla destra più goffa e retriva, ma fa fino e non impegna. Parlarci indignati tra noi ha permesso per lungo tempo di stare un po' meglio, continuando a star seduti.

A volte ritornano

Magari non sarà Draghi, o forse si, ma eccoci qui a rivedere l’ipotesi di un governo tecnico. Non sarebbe né impossibile né fuori contesto. Anzi, è in scia con quel lavorio costante di erosione della democrazia a cui assistiamo, in Italia come in Europa, da anni. Dimostrare a tutti l’impossibilità di governare la Repubblica con gli attuali dettati costituzionali viene bene a chiunque intenda modificare il sistema in direzione di una terza repubblica alla francese.

Il contesto è perfetto. La destra dimostra di essere attaccata con lo sputo. La Lega scalpita, affianca Le Pen, contro Macron, Meloni al contrario stringe nuovi rapporti con il presidente. Forza Italia gioca la partita del partito liberale europeista, modello consono a Tajani che conosce bene i complessi meccanismi della UE. L’area molle, il cosiddetto terzo polo, è pronto a spingere nella direzione di un ritorno al recente passato che Conte, non senza ragioni ma goffamente, ha minato anzi tempo regalandoci inevitabilmente alla destra. Il PD non sa che pesci pigliare.

Lo spread sale. Ricordiamo sempre che è un indicatore fittizio che calcola con un algoritmo, partendo da elementi ovvi – il debito sovrano, la crescita, gli equilibri di bilancio – il rapporto di valore tra due titoli finanziari. Dunque non è un soggetto politicizzabile, perché afferisce al campo freddo degli investimenti. Lo si è usato in passato in modo strumentale per far fuori un leader ingombrante e reso internazionalmente ridicolo. Ed è assurto a valore simbolico, come un voto in pagella. In realtà il suo significato è chiaro a tutti in Europa, salvo che a noi stessi infatti continuiamo ad usarlo in modo improprio e controproducente.

Quello che la UE, ma diciamo tutti i Paesi, valutano come il rischio Italia non è nella solvibilità ( abbiamo la terza riserva aurea mondiale per valore e solidità ) ma nel processo decisorio del nostro paese, considerato bizantino ed inaffidabile. Il risultato è che ci vedono così: un paese importante economicamente, centrale culturalmente, cruciale geopoliticamente gestito a cazzo da governi scamazzati, di ogni colore.

Come funziona il processo decisorio in Italia? In realtà sulla carta è un buon sistema che qualcuno, credo fosse Le Monde, definì come centralismo delegante. Partiamo dalla struttura amministrativa ed osserviamo immediatamente che esiste di fatto una piramide ben congegnata che va dallo specifico locale all’insieme nazionale. Essa è formata alla base dal comune che amministra la comunità ed il territorio. L’articolato dei comuni in un perimetro omogeneo ragionale è amministrato dal governo regionale che ne coordina ed indirizza gli operati nell’ambito delle deleghe definite. L’insieme delle regioni è globalmente coordinato da Roma. Qual è il problema allora? Lo leggo in modo davantologico, il sistema organizzativo è stato costantemente violato per interessi di bottega partitica, al di fuori di ogni logica gestionale coerente. Un esempio le concessioni offerte alla Lega per tacitarla inventando un federalismo zoppo. Partito che, a sua volta e per interessi personali del suo segretario, è passato proprio dal federalismo al nazionalismo con una disinvoltura da dilettanti. La prassi gestionale che deriva da questi pasticci è evidente aldilà degli schemini strutturali: Roma scavalca le regioni, che ignorano i comuni, che ricorrono al tar per ogni cosa, che a sua volta smentisce il governo.

Con una tradizione di instabilità ridicola, 68 governi in 70anni, con una classe dirigente caduta nel nulla – immaginiamo un Lollobrigida od un Calenda ministri nella prima repubblica? – con un sistema di rappresentanza parlamentare che non definisce alcun controllo reale sull’operato dei deputati l’Italia ambirebbe ad essere ascoltata e rispettata internazionalmente. Grottesco. Domanda banale, daremmo mai retta ad uno che ci chiede soldi per giocarseli alla slot machine? Eddai su.

Andando via da Roma, dopo il consueto italico scazzo con la magistratura ( Catone )su varie ruberie, Scipione disse ingrata patria non avrai le mie ossa. Oggi dovrebbe andarsene il popolo dicendo governo ingrato. Nel rave party di Pontida qualche leghista al quarto spritz ha detto, bisognerebbe regalare Lampedusa alla Tunisia. Pare che nell’Isola, bellissima, ci siano stati 120 minuti di applausi.

Il gioco delle tre carte.

Non so se Mario Draghi, avendo abitato per un tot la politica italica, ci rimetterebbe mai più piede. Se fosse così credo chiederebbe la Presidenza di una repubblica alla francese. L’avrebbe avuta – seppure limitata - comunque rimanendo, ma il nostro è un freddissimo ed esperto calcolatore e quando Conte lo ha spintonato lui ha fatto aykido, si è tirato indietro ed ha fatto cascare faccia avanti tutto il parlamento. Se dovesse mai esserci un governo tecnico nel prossimo futuro ritengo sarebbe una costituente per varare la terza repubblica. Ne rifletto tra un attimo. Dopo la caduta di Draghi ecco la Sora Giorgia ed il suo tram di dissociati mentali arrivare in stazione, spintonati da un elettorato frastornato. Serviva forse questa esperienza - che sarà fallimentare - per togliere all’elettorato europeo ogni illusione sui sovranisti? Malizioso e rischioso progetto, ma non assurdo.

Per costruire un ritorno al futuro occorre però, in democrazia, creare le condizioni di richiesta generale, con prefiche invocanti, interne ed esterne, che chiamano l’Uomo della Provvidenza. Deja vù. Ecco dunque che si formula il gioco delle 3 carte. Peraltro i giocatori in campo, le cosiddette forze politiche, se lo sono apparecchiate da sole per la consueta e ben nota imbecillità.

Carta 1) un governo male assortito che ogni volta si contraddice, da ragione ad Orban dando torto a se stesso, invoca Mattei e costruisce lager, promette il mondo e consegna una manovrina asfittica e senza visione che manco il ragionier La Quaglia del catasto. Abbiamo la regina di picche.

Carta 2) un’opposizione gestita in modo confuso da Conte, l’avvocato laccato, e dall’innocua Schlein. Non hanno uno straccio di piano alternativo ed attaccano ora qui o là con l’unico obiettivo di mostrarsi in vita. Il due di coppe.

Carta 3) l’economia che continua ostinatamente a sopravvivere a tutti i tentativi di accopparla messi in campo dal tempo dell’euro prodiano. Il jolly.

Mentre la regina di picche ed il due di coppe mostrano a tutti senza censure la loro sostanziale incapacità, la finanza internazionale ragiona col jolly. La moral suasion che le grandi strutture economiche – banche, multinazionali dell’energia, fondi – stanno attuando con la nostra imprenditoria è costante. Gli esiti si vedono nell’evidente insoddisfazione degli industriali verso la strategia d’uso del PNRR. Sarà questo tema, che ci condusse a Draghi, il pretesto per un prossimo, a mio avviso non lontano, emergere del tema governo tecnico.

Ed ecco perché viene intravista l’ipotesi del governo di scopo. Ad un certo punto l’ingestibile diventerà evidente. Si osserverà che non è tanto la sora Giorgia, il PD o l’avvocato ad avere fatto danno, ma la forma tecnica di costituzione dello stato fondata sul parlamentarismo. Si osserverà che aver prodotto un governo ogni 18 mesi ha dato all’insieme gestionale l’aspetto di un dugongo asimmetrico. Si farà notare che la democrazia è matura e si può permettere una forma nuova di costituzione. Si rimarcherà come la Francia o la Germania, con una figura centrale inamovibile per il tempo di legislatura, si consentono in ogni caso la stabilità e la coerenza progettuale. Si concluderà che è giunto il tempo di revisione per il terzo paese dell’Unione e che una tra le nazioni fondatrici, ha il dovere di modernizzarsi. Così, con il beneplacito internazionale si varerà il governo di scopo.

La strategia sarà semplice. Si dirà che certamente non può essere un governo di parte a dare all’Italia un nuovo assetto costituzionale e dunque si dovrà creare un governo di scopo, mirato alla gestione, ed in parallelo sarà varata una costituente sarà occupata a redigere la Grande Riforma coi tempi necessari e senza l’incombenza dell’amministrazione.

Fantascienza? Forse. Lo sapremo presto.

Possiamo farci qualcosa? No. A noi Cittadini, da sempre, è dato il ruolo di pubblico. Come dice Banjamin, spettatori costretti a vedere la piccola bottega degli errori, che chiamano politica. Compriamo il pop corn e speriamo in bene.

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