Sempre caro gli fu quell’ermo Colle…

di Barbara Fois - Liberacittadinanza - 04/01/2009
Mai Berlusconi presidente della Repubblica!!!

Libera Cittadinanza ha aperto su queste pagine una sottoscrizione: chiede che i cittadini firmino, affinchè Berlusconi non possa diventare il prossimo presidente della Repubblica.

 Qualcuno potrebbe pensare a una mossa un po’ prematura: infondo Napolitano resterà fino al 2013 e in 5 anni possono succedere tante cose…. Ma è proprio così? Ehhh, a leggere quello che sostiene l’onorevole Bruno Tabacci su La Stampa sembrerebbe che le cose stiano diversamente e che non siamo al sicuro per niente. “L’elezione del prossimo Capo dello Stato è prevista nel 2013, dunque nella prossima legislatura di cui nessuno conosce gli equilibri. Ma con una riforma costituzionale che modificasse prima i poteri del Capo dello Stato, l’attuale Presidente della Repubblica sarebbe costretto a dimettersi». E all’intervistatore che gli chiede se non stia esagerando e bruciando un po’ troppi passaggi risponde “No e le spiego perché. Come prima cosa Berlusconi proverà a fare un accordo sul semipresidenzialismo con una parte dell’opposizione. Veltroni non ha mai fatto mistero di volere il Sindaco d’Italia. Ma se il Pd si sveglierà e capirà di non poter aver sulla coscienza la nascita della “dinastia berlusconiana”, la strada è obbligata: senza una maggioranza parlamentare dei due terzi, la Costituzione prevede il referendum. Se Berlusconi lo vince, l’attuale Capo dello Stato dovrà dimettersi».

 Capito? E Berlusconi ha una smisurata voglia di fare un referendum su sé stesso: il suo ego ipertrofico e i suoi scatenati sondaggisti lo hanno convinto di avere un consenso di oltre il 72% (ma dove li fanno i sondaggi: in famiglia??) e inoltre lui si sente l’unto del signore, dunque vuole una investitura plebiscitaria, pubblica e con la gente che lo osanna e che fa la ola sugli spalti come allo stadio.

 In altri tempi avrei riso e pregato perché davvero il referendum su di lui si facesse, solo per vederlo perdere e guardare la sua faccia allungarsi in una sbalordita costernazione e cadere in fondo allo schermo, trascinandosi dietro lifting e trapianto ritinto, in un generale collasso di tessuti. Ma ora l’idea mi fa paura: io non conosco più la gente di questo paese. E non mi consola più l’aforisma di Indro Montanelli “Io voglio che vinca, faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L'immunità che si ottiene col vaccino.”

 Io non credo più al vaccino. Non credo più che certa gente impari, che maturi, che si dirozzi. Vedo che si beve tutto quello che la TV le propina, in modo acritico, passivo, supino e che tuttavia pur così menomata nelle proprie funzioni cerebrali, ha ugualmente diritto al voto.

 Credo invece a quello che Montanelli scrisse dopo “La scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime. L'Italia della marcia su Roma, becera e violenta, animata però forse anche da belle speranze. L'Italia del 25 luglio, l'Italia dell'8 settembre, e anche l'Italia di piazzale Loreto, animata dalla voglia di vendetta. Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo”. Ecco, appunto. E l’idea di veder trionfare questa ignorante volgarità mi riempie di orrore, oltre ogni dire.

 Ma torniamo alle modificazioni della carta costituzionale.

 Anche la difesa della Costituzione è stato ( ed è!) uno degli obiettivi e dei compiti di Libera Cittadinanza, eseguito con successo fino ad ora, e proprio per questo ci sembra giusto fornire dati concreti e utili  a capire chi sia il signore che vuol salire sul colle e come pensa di arrivarci.

 A noi non interessa stabilire quando il cavaliere abbia avuto l’idea di diventare presidente. Anche se sua madre, la signora Rosa, in una intervista a TV7 il 25 novembre del 2001, raccontò a questo proposito una storia veramente scioccante. Vi consigliamo di leggere tutta l’intervista, così capirete meglio da dove arrivano le idee di grandezza del cavaliere. Comunque, all’intervistatore che chiedeva “ L'onorevole Silvio Berlusconi vuole diventare presidente della Repubblica?  la madre del cavaliere rispose “Sa chi ha predetto questo? Sandro Pertini.- si stropiccia le mani e scandisce- Sissignore Sandro Pertini. Lo disse un giorno, quando lui da  Presidente, invitò a pranzo, mio figlio.- ricorda compiaciuta-  Silvio ritorna a casa, c'eravamo tutti e  sbotta:”State a sentire, che adesso vi faccio ridere. Pertini ha chiamato il cameriere che serviva a tavola e ha detto: “Vi dico una cosa che dovete ricordare bene perchè quando succederà, dovrete far sapere che io l'avevo predetto.”- “Mamma- continua Silvio- fa una pausa e serio serio, solenne, sillaba:”Io dico che Silvio Berlusconi, un giorno, diventerà il Presidente della Repubblica italiana”. -Rosa accarezza il ricordo, sorride agli angeli e ammette-“Oh, sapesse, sapesse quanto abbiamo riso tutti!" Certo, come no. E’ proprio da Pertini, infatti, dire cose del genere. E soprattutto chiamando testimone a raccolta tutto il personale del Quirinale. Questo episodio – chissà perché – ce ne fa ricordare un altro, questa volta direttamente raccontato dal cavaliere, nel Meeting per l'amicizia tra i popoli, Rimini, 2006 (citato in Repubblica.it, 25 agosto 2006) “Cercai Don Giussani nel '93, per averlo accanto nelle decisioni di scendere in politica e ho tentato di averlo sempre accanto. Ricordo con commozione gli ultimi incontri e ho ancora i brividi ripensandoci. Lui mi disse che il destino mi aveva fatto diventare l'uomo della provvidenza.” Tutti morti coloro che hanno previsto la sua futura gloria: sfiga? Mah….è certo comunque che ormai non possono più smentirlo.

 Le citazioni che invece testimoniano nel tempo una crescita esponenziale dell’ego del cavaliere sono moltissime, ne riportiamo qui solo alcune fra le più significative di questi ultimi anni: “Non c'è nessuno sulla scena mondiale che può pretendere di confrontarsi con me, nessuno dei protagonisti della politica che ha il mio passato, che ha la storia che ho io. Da un punto di vista personale se c'è qualcuno che ha una posizione di vantaggio questo qualcuno sono io. Quando mi siedo a fianco di questo o quel premier o capo di stato, c'è sempre qualcuno che vuole dimostrare di essere il più bravo, e questo qualcuno non sono io. La mia bravura è fuori discussione. La mia sostanza umana, la mia storia, gli altri se la sognano.” (ANSA, 7 marzo 2001, ore 15:48; su tutti i giornali, 8 marzo 2001); e ancora:” Gli altri leader europei sanno che io vengo da un altro mondo, vengo considerato un tycoon, sono in una situazione di forza e di prestigio indiscutibile.” (Roma, conferenza stampa, 21 dicembre 2001). Ma non è finita: “ Dimostrerò nero su bianco di essere eticamente superiore agli altri protagonisti della politica europea.” (ANSA, 11 gennaio 2002. La depenalizzazione del falso in bilancio è del 16 aprile 2002); “Io sono assolutamente certo di essere l'uomo più democratico che sia mai giunto ad essere primo ministro d'Italia”. (ASCA, 25 gennaio 2002); il tema della propria irraggiungibile eccellenza è ripetuto più volte: “Mi sta venendo un complesso di superiorità tanto che dico: "Meno male che ci sono io". Non so un altro che cosa avrebbe fatto. Nessuno avrebbe potuto fare meglio di quello che abbiamo fatto noi”. (Roma, presentazione del libro La grande muraglia di Bruno Vespa, Adnkronos, 3 dicembre 2002). Non solo lui è il meglio, gli altri sono proprio scarsi: “Quando sono entrato in carica ho trovato un Paese che non contava niente sulla scena internazionale. [...] L'Italia, che non contava, ha ora uno smalto internazionale e un suo peso specifico anche in situazioni determinanti.” (da Governo. Berlusconi: questo esecutivo è da record, Rainews24.rai.it, 30 dicembre 2002; solo 7 mesi dopo, nel luglio 2003, faceva fare all’Italia la più umiliante figura di merda della sua storia, insultando il tedesco Schulz al Parlamento Europeo e suscitando le proteste e l’indignazione di tutti i paesi presenti ). Ma continuiamo le citazioni, con un fiore di modestia: “Io vinco sempre, sono condannato a vincere”. (da Ansa, 24 maggio 2003). E poi con balda sicumera: “Mi vedo premier per la prossima legislatura e anche oltre”. (citato in Berlusconi: "Io premier per i prossimi 10 anni", la Repubblica, 21 dicembre 2003 ). Poi, quando perse le elezioni: “Soffro a pensare a qualcuno dell'Unione che partecipa a un vertice del G8. Se penso a qualcuno dell'altra parte seduto al tavolo nei miei panni con Putin, Bush e Blair francamente mi sento male”. (dal Corriere della sera, 30 agosto 2005) ; quindi, riferendosi al numero di riforme fatte “ Solo Napoleone aveva fatto di più”. (dalla trasmissione televisiva Matrix, Canale 5, 10 febbraio 2006)  e poi smentendo tutto ( ma và?!) “Su Napoleone ovviamente scherzavo: io sono il Gesù Cristo della politica, una vittima, paziente, sopporto tutto, mi sacrifico per tutti”. (da ANSA, Ancona, 12 febbraio 2006) e via delirando:  “Non ho mai registrato tanto entusiasmo nei miei confronti negli ultimi 14 anni, al punto che mi sono venute le stigmate”. (citato in «Non torno indietro, piuttosto mi sfilo», Corriere della sera, 11 dicembre 2007). Ma è grandioso anche con gli avversari: “ A Veltroni ho detto: sono il tuo Messia, ti libero dall'abbraccio mortale della sinistra”. (dall'intervista di Marco Galluzzo, Berlusconi: «Riforme? Io aspetto Ma Walter metta d'accordo i suoi», Corriere della sera, 9 gennaio 2008)  e ancora: “Stiamo pensando con Don Verzè a una nuova struttura che è già in costruzione a Verona per portare la durata della vita umana a 120 anni.” (da Porta a Porta, 12 febbraio 2008). Io credo che ormai abbiano smesso anche di far ridere queste sparate, e debbano diventare invece un motivo di riflessione seria e di ansia per il futuro del paese, che potrebbe finire nelle mani di un personaggio del genere.

 Un personaggio che – lo ha dimostrato con le leggi ad personam – è capace di qualsiasi cosa pur di raggiungere i propri scopi e che è entrato in politica 15 anni fa, spinto da alti ideali “ se non vado in politica, mi mandano in galera e mi fanno fallire.” (risposta di Berlusconi a Enzo Biagi e Indro Montanelli; citato in Marco Travaglio, Montanelli e il cavaliere. Storia di un grande e di un piccolo uomo, Garzanti Libri, Milano, 2004), e con un programma ben preciso “L'obiettivo del nostro governo si può riassumere in tre parole: liberismo, federalismo, presidenzialismo”, come disse esplicitamente  nell'aula di Montecitorio il 2 agosto 1994, al suo primo insediamento.

 Da allora non ha fatto che cercare di avvicinarsi al suo vero e unico obiettivo, e cioè raggiungere un potere assoluto come presidente di una repubblica presidenziale, senza nemmeno nasconderlo troppo. Anzi: esplicitandolo proprio! Nessuno di noi ha dimenticato l’insultante e volgare invito al presidente Napolitano a “sloggiare” dal Quirinale, se l’opposizione si ostinava a volere la presidenza di una delle camere, dopo le elezioni del 2006.

 Ma se il suo “oggetto del desiderio” è in vista, resta però irraggiungibile, come fosse dietro uno spesso vetro blindato: a frenare la sua corsa forsennata verso il potere assoluto ci sono infatti non solo gli istituti di garanzia previsti dalla Costituzione ( non ultimo il presidente  in carica) e tutti i partiti dell’opposizione - compreso Casini e l’UDC - ma anche i partiti del CD che, conoscendolo bene, sanno di doverne arginare gli egocentrici appetiti. La Lega non glielo ha mandato a dire:"Berlusconi il Quirinale deve meritarselo sul campo. Si misurerà sulle riforme", ha detto senza peli sulla lingua il ministro Roberto Calderoli. Il che è un messaggio più che chiaro: prima fai il federalismo e le riforme che interessano noi e poi vediamo anche il tuo presidenzialismo.

 Tuttavia intanto il ministro delle Politiche agricole, il leghista Luca Zaia, di recente ha fatto togliere dal suo ufficio del ministero di via XX settembre la foto di Giorgio Napolitano, il capo dello Stato che rappresenta l'unità nazionale.

 Sorprendentemente è  però Marcello Pera, ex presidente del Senato, senatore forzista e adesso del PdL, a fare l’analisi più lucida e tagliente su Berlusconi e sul ruolo divenuto ormai gregario del Parlamento, svuotato dei suoi poteri e delle sue competenze, in un articolo sulla Stampa del 31 dicembre scorso e che vale la pena di leggere quasi per intero. Il titolo lascia poco margine di interpretazione: “Il Parlamento prigioniero”. Così, partendo dalle parole di Berlusconi sul presidenzialismo fatte nella sua conferenza stampa di Natale dice “In sostanza Berlusconi ha detto: «Io ho trasformato l’Italia in una repubblica presidenziale».  E poi: «Io ho il consenso del popolo, e perciò io mi candido con elezione diretta alla presidenza della Repubblica. Perché non dovrei dare forma di diritto a ciò che già esiste, in gran parte per merito mio, in punto di fatto. Chi si stupisce non è stato attento a ciò che è accaduto. È in corso da tempo una crisi degenerativa che ha cambiato il nostro sistema, ne ha eroso la natura democratica, lo ha lasciato in sospeso, e ora lo espone persino ad avventure. Il federalismo, che darà un colpo d’accetta al bilancio statale e di martello all’unità d’Italia, sarà l’ultimo episodio. Di questa degenerazione, i protagonisti e i cittadini percepiscono perlopiù i segni esteriori e li fraintendono, alla maniera di coloro che non capiscono che, guardando il dito, non si vede la luna. I parlamentari di maggioranza lamentano la loro riduzione a macchinette schiacciabottoni, il cui unico contributo intellettuale consiste nel ricordarsi che il bottone verde è il secondo da sinistra e quello rosso il primo da destra. I parlamentari di opposizione lamentano la loro trasformazione in spettatori di votazioni dall’esito scontato. Gli uni e gli altri lamentano che non possono emendare neppure una virgola dei decreti del governo, peraltro gli unici provvedimenti che sono portati in Aula, essendo da tempo scomparsa l’iniziativa parlamentare delle leggi. I presidenti delle assemblee lamentano che il governo non dia spazio al dibattito e li costringa, con i decreti, i voti di fiducia, i tempi contingentati, a fare da passacarte della sua volontà. I cittadini lamentano la distanza della politica e se la prendono con la «casta». Esportata dalla Toscana, la legge elettorale su liste bloccate ha avuto due effetti immediati: il parlamentare eletto, dopo una campagna elettorale cui ha assistito da spettatore televisivo senza muovere un dito se non per fare zapping, ha perduto qualunque interesse al suo territorio di riferimento, e il cittadino elettore non ha più avuto suoi rappresentanti. Non solo costui non ha messo il naso nella loro elezione, non li ha mai visti né conosciuti, e non sa dove incontrarli. Così i gruppi parlamentari sono diventati solo la corte del leader del partito, da lui scelta in base all’affidamento personale verso sé medesimo, non a quello politico verso gli elettori. Chi oggi si lamenta della tanta piaggeria e cortigianeria che vede in giro dovrebbe anche riflettere che la legge toscana piace a tutti i capi partito, tanto che cercano di estenderla anche alle elezioni europee.
 Non ci è forse toccato di sentir dire che in Parlamento basterebbero una trentina di persone, oppure che si potrebbe votare solo nelle commissioni, oppure che potrebbero votare solo i capigruppo? Forse sono scherzi, ma hanno l’aria di essere freudiani. Dopotutto, a che serve il Parlamento se fa tutto il governo? E se deve fare tutto il governo, e per esso il suo capo, a che servono tante procedure?

 Agghiacciante. Soprattutto perché a dirlo non è uno di sinistra. Ma perché mai lui e i suoi colleghi si sono lasciati emarginare così? Qualcuno l’avrà ben votata quella legge elettorale, o no?

 Ma torniamo al discorso natalizio del cavaliere: che caspita ha detto Berlusconi nella sua conferenza stampa, per sollevare tante proteste? Beh, in mezzo a un sacco di berlusconate ( tipo  l’Università della libertà da lui fondata in Brianza e con un giardino stupendo nel quale ha fatto piantare più di 10 mila tulipani), fra trionfalismi deliranti, battute scadenti e proclami eclatanti ha fatto capolino il suo vero interesse: "L'Italia – ha detto - è pronta per l'elezione del presidente della Repubblica". Il sistema attuale - questo è il suo ragionamento – non lascia abbastanza libero il premier, che non può nominare direttamente i ministri, non li può revocare, e in fondo può solo "fissare l'ordine del giorno del Consiglio dei ministri". Invece negli altri paesi il premier ha poteri maggiori. Affidare dunque ai cittadini l'elezione del presidente della Repubblica potrebbe trasformare l'Italia "in una democrazia moderna". Ma dopo la conferenza stampa qualcuno deve avere informato il cavaliere che per arrivare a una riforma presidenziale, che stravolgerebbe la nostra Costituzione, serve il 100% del Parlamento. Lui quindi ha corretto il tiro, dicendo che la riforma forse non potrà mai vedere la luce, per via di questo inghippo. Ma poi è tornato il cavaliere di sempre, arrogante e sborone «Lo faremo da soli se vi saremo costretti per un comportamento irragionevole dell'altra parte» ha concluso.

 Naturalmente i giornali hanno dato rilievo alla cosa e sono arrivati i commenti brucianti che abbiamo riferito. E lui allora ha tirato fuori la solita vecchia e trita scusa: sono stati ancora una volta i giornali a «montare la panna»: il presidenzialismo «non è all'ordine del giorno». Lo ha detto in una intervista a Sky Tg24, quindi ha sottolineato che nella conferenza stampa di fine anno aveva già chiarito che il presidenzialismo non era tra i temi da affrontare in questa fase, e che lo sarebbe stato «eventualmente nella seconda parte della legislatura», ma sempre «con il concorso di tutti». E questa era una chiara risposta alla Lega. Quindi ha aggiunto «Ma i direttori dei giornali si sono telefonati e hanno deciso di montare la panna e hanno fatto disinformazione». Tornando alla scala delle priorità il presidente del Consiglio ha aggiunto: «Prima il federalismo poi la giustizia. A seguire - ha aggiunto - faremo le altre importanti riforme».

 Ma c'è chi pensa che in realtà il presidenzialismo potrebbe essere messo in cantiere già nella seconda metà di quest'anno: il deputato centrista Bruno Tabacci, per esempio, ne è convinto: "Conosco bene Silvio. Se la crisi economica dovesse aggravarsi nei prossimi mesi, la tentazione di trovare una via d'uscita istituzionale per lui diventerebbe irresistibile". E questo perché da questa crisi non sa come uscirne in altro modo. Poi ci sarebbero i tempi di approvazione: doppia votazione di Camera e Senato, a sei mesi di distanza. Se si cominciasse a discuterne nella seconda metà del 2009 la riforma arriverebbe ad approvazione alla fine del 2010, salvo intoppi: molto prima della  parte finale della legislatura, ma assolutamente in tempo per chiamare gli elettori a votare sul presidenzialismo all'italiana con il referendum confermativo previsto dall'articolo 138 della Costituzione. Un passaggio che il premier assolutamente auspica. Qualcosa di simile solo al referendum del '46 in cui gli italiani decisero tra Monarchia e Repubblica: ma in questo caso la scelta sarebbe pro o contro il Cavaliere, che sogna di passare alla storia come il fondatore della Terza Repubblica italiana. Eletto al Quirinale a furor di popolo…

 Dunque le rassicurazioni del cavaliere non hanno tranquillizzato nessuno, tanto meno i suoi ex alleati e fra questi Pier Ferdinando Casini, che in una intervista a  “Il Corriere della sera “ha detto “Vuole mettere da parte i partiti per il suo progetto plebiscitario: vuole eliminare i partiti per privilegiare l’unico rapporto che per Berlusconi conta, cioè quello del “re” col suo popolo.“ Casini vede nelle ultime proposte del presidente del Consiglio sul presidenzialismo ''il compimento della svolta del predellino, quando annuncio' un nuovo partito mentre il dibattito nel centrodestra stava salendo di intensita'''. Casini non si stupisce dell'ultima svolta del Cavaliere: ''Ci sono state anche le stagioni del Berlusconi moderato, quasi il continuatore della Dc. Ma noi che lo conosciamo bene abbiamo capito da tempo che c'era una differenza tra cio' che diceva e cio' che realmente pensava. E che ieri ha cominciato a dire apertamente''. Casini è preoccupato ''E' ormai evidente -sottolinea - che Berlusconi non si accontenta piu' di avere una maggioranza schiacciante in Parlamento. Pensiamo solo ai continui voti di fiducia: nei passati governi, ogni volta che li si chiedeva, ci si sentiva in dovere di giustificarli per non essere sottoposti alle critiche. Ora invece Berlusconi se ne vanta''.

 Casini chiede al premier di lasciare stare ''l'alibi'' dell'Europa. ''Il presidenzialismo che propone, con l'elezione diretta, porterebbe ad una desertificazione della politica in Italia'', avverte. ''Non e' certo eversione, ma e' senza dubbio una trasformazione radicale del sistema che ci ha governato per sessant'anni. Perche' porta all'eliminazione, di fatto, dei partiti per privilegiare l'unico rapporto che per Berlusconi conta, cioe' quello del 're' con il suo popolo. Certo, non gli si potrebbe dare del tiranno in quanto eletto dalla maggioranza dei cittadini, ma ogni contrappeso -rimarca Casini- sarebbe eliminato. C’ è coerenza nel suo progetto: un bipartitismo solo di facciata perche' ha l'obiettivo di blindare il rapporto tra il leader e il suo popolo''.

 Quanto al presidente Napolitano davanti alle sparate del cavaliere è stato come sempre pacato e signorile: «Per quanto si discuta - argomento complicato - su cosa è possibile e opportuno modificare e che cosa no della Costituzione, certamente i principi fondamentali sono fuori discussione e nessuno può pensare di modificarli o alterarli», ha detto con fermezza serena, ricevendo al Quirinale i membri del Fai. E il cavaliere ha incassato, tanto è vero che scioccamente ha commentato che l’affermazione non era diretta a lui.

 Il presidenzialismo è una sirena che ha incantato molti naviganti della politica. Vi ricordate la bicamerale così tanto voluta da Massimo D’Alema? Era lo strumento che doveva servire a fare le riforme costituzionali che tutti dicevano necessarie, anzi indispensabili alla vita del paese e a cominciare a inserire un semipresidenzialismo moderato e invece è naufragata proprio su questo scoglio, lasciando a terra tutto il resto.

 D’altra parte i disoccupati, i cassaintegrati, i giovani laureati che lavorano come schiavi nei call centre, i pensionati da 400 € mensili sono lì che fremono per avere una repubblica presidenziale. E’ il primo dei loro pensieri. Eppure qualcuno riuscirà a indurre in loro il bisogno di inutili riforme, così come li induce a comprare  inutili cose. Magari qualcuno come Berlusconi che pensa che “ il cliente, il pubblico, è un bambino di undici anni, neppure tanto intelligente”. (citato in Curzio Maltese, Come ti sei ridotto, Feltrinelli, Milano 2006). Insomma anche lui conosce la "legge di Barnum",  come ha scritto lo stesso Maltese : Una volta un giornalista chiese all'inventore del circo moderno di definire la chiave del successo. Barnum lo portò alla finestra del proprio studio: "Quante persone ci sono in questa strada: un centinaio? Quante sono le persone intelligenti: sette, otto? Bene, io lavoro per le altre novantadue".

 Beh, che ne dite? Adesso lo firmate l’appello?

 Barbara Fois

 

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