La partecipazione a convegni e perfino la posizione occupata in sala, le collaborazioni a giornali, l’adesione ad associazioni. Il Viminale ha “schedato” la vita personale e le opinioni dei magistrati che hanno bocciato provvedimenti e ricorsi del ministero dell’Interno. Ma chi ha passato al setaccio la vita dei giudici? “Siamo stati noi – ammette uno dei più stretti collaboratori di Matteo Salvini – Abbiamo ricevuto segnalazioni da cui emergeva che alcuni magistrati avrebbero potuto non essere ‘equidistanti’ in tema di immigrazione. Così abbiamo fatto ricerche, ma non si tratta di dossieraggio. Sono informazioni pubbliche, prese da internet”.

Mentre il Csm vive un momento di travaglio, il Viminale alza il livello di scontro contro il potere giudiziario. Il ministero impugnerà davanti al Consiglio di Stato la pronuncia del Tar di Firenze secondo la quale non si può affermare l’automaticità tra la denuncia per determinati reati e l’essere responsabile di “comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione di determinate aree”. Scatterà il ricorso anche contro le sentenze dei tribunali di Bologna e Firenze sull’iscrizione all’anagrafe degli stranieri. Ma il punto è soprattutto un altro: il Viminale ha chiesto all’Avvocatura dello Stato di “valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per aver assunto posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini”. Insomma, par di capire, il ricorso oltre ad avere motivazioni giuridiche prende spunto da opinioni e comportamenti che i magistrati hanno manifestato come privati cittadini. Per esempio Luciana Breggia, giudice del Tribunale di Firenze, relatrice della sentenza che ha escluso il ministero dal giudizio sull’iscrizione anagrafica di un immigrato: tra le “colpe” di Breggia la partecipazione a dibattiti dove il magistrato ha chiarito la sua idea di immigrazione censurando l’uso della parola “clandestini”. Breggia, si apprende poi, ha partecipato alla presentazione di un libro di Maurizio Veglio (avvocato membro dell’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione). Da qui l’attacco del Viminale: lo straniero che ha fatto ricorso contro il ministero dell’Interno è assistito da Noris Morandi. Che cosa c’entra? Morandi, sostiene il Viminale è anche lui dell’Asgi.“Se un magistrato vuole cambiare le leggi, si candidi”, così Salvini aveva attaccato Breggia.

Ora il Viminale arriva a ricostruire la posizione del magistrato alla presentazione del libro: Breggia era accanto alla portavoce di Mediterranea (l’associazione di Luca Casarini) e al professore Emilio Santoro: a sua volta responsabile di aver definito, in un’intervista, l’attuale esecutivo “governo della paura”. Santoro, si stigmatizza, è docente di Filosofia del diritto e Diritto degli stranieri presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Firenze. Il 17 giugno nello stesso polo didattico si terrà un convegno dal titolo: ‘Le città diseguali. Zone rosse e zone nere’. Tra gli ospiti non risultano noti sovversivi, ma Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale. Presso il dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Firenze, si annota ancora, ha sede la rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza che si occupa “dei diritti, dell’eguaglianza, della integrazione nel rispetto della diversità”.

Il cerchio, secondo il Viminale, si chiude ricordando che alla rivista collaborano Rosaria Trizzino (presidente della seconda sezione del Tar Toscana che ha bocciato le zone rosse) e Matilde Betti, presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna che il 27 marzo non ha accolto il ricorso del ministero dell’Interno contro l’iscrizione all’anagrafe di due stranieri; uno difeso da un altro avvocato dell’Asgi che figura nel comitato editoriale della rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza insieme con Betti.Una schedatura? Salvini nega: “Non intendiamo controllare nessuno”.