Crepuscolo dell’ordine mondiale e resistenze nonviolente

di Laura Tussi - 22/09/2025
Voci e resistenze che gridano l’urgenza di fare rete, di tessere relazioni, di intrecciare iniziative di lotta nonviolenta contro la globalizzazione dell’avidità e dell’ingiustizia.
La Weltanschauung delle nuove destre, nella sua diversità epocale, si distingue dal modello perseguito dai democratici usciti sonoramente sconfitti, che avevano innalzato la bandiera di una presunta “guerra santa” in nome della civiltà occidentale. Una visione atlantista, figlia del Novecento, contrapposta a un resto del mondo ritenuto barbarico, illiberale e oligarchico. Oggi, davanti al blocco BRICS+, lo scenario si rivela più complesso: non tanto sul piano economico, quanto su quello dell’egemonia globale. È qui che si giocano le nuove sfide, in un contesto in cui la brezza postfascista soffia con crescente intensità sul pianeta.

Il vecchio ordine mondiale, nato durante la Guerra Fredda e consolidato dal fragile equilibrio del terrore nucleare, appare ormai logoro. Quel bipolarismo, segnato dal Muro e dalla Cortina di ferro, garantì paradossalmente una certa stabilità geopolitica. Ma oggi ci troviamo nel crepuscolo di un assetto che aveva promesso magnifiche sorti e progressive al capitalismo occidentale, con la scienza come motore di progresso. Promesse rivelatesi effimere, perché i bagliori della modernità hanno presto lasciato emergere la fragilità di un sistema segnato da diseguaglianze, colonialismo e competizione selvaggia tra Stati.

Di fronte a questo tramonto, la nonviolenza diventa ancora più urgente e attuale. Abbiamo interrogato figure come Danilo Dolci, Tiziano Terzani e Moni Ovadia, che aprono il nostro cammino con esempi di coerenza tra pensiero e azione. Abbiamo ascoltato voci come quelle di Giulia Mafai e Carla Fracci, e persino l’antico insegnamento di Lucrezio, riletto in una lezione di Nicoletta Dosio. Sono culture altre, capaci di illuminare con coraggio e denuncia, lontane dall’indifferenza travestita da buonismo.

Nietzsche scriveva: “Sempre deve distruggere chi vuole creare”. Oggi distruggere muri per creare ponti è la nostra missione. Non a caso abbiamo dedicato spazio alla moltitudine, concetto che, da Antonio Negri a Hannah Arendt, ha sostituito quello riduttivo di classe. La moltitudine è intersezionale: genere, etnia, religione, lingua, opinioni, abilità e disabilità si intrecciano in un mosaico di identità plurali. Nella sua dimensione collettiva, diventa forza trasformativa, capace di riconoscere ingiustizie e di cambiare lo stato di cose esistente.

È in questo orizzonte che guardiamo con attenzione all’“acampada”, il movimento mondiale degli studenti universitari che denuncia la complicità tra ricerca scientifica e produzione di armi, smascherando la collaborazione di governi e istituti con il genocidio del popolo palestinese. Da questa mobilitazione emerge una continuità con le lotte del ’68, oggi arricchite dalla presenza di docenti e ricercatori.

La nostra riflessione si intreccia anche con le campagne storiche: la liberazione di Leonard Peltier, finalmente graziato dopo decenni di carcere; le azioni della Rete dei Numeri Pari, di Extinction Rebellion, dei Fridays For Future, dei lavoratori GKN, dei movimenti No Tav e No Ponte. Voci e resistenze che gridano l’urgenza di fare rete, di tessere relazioni, di intrecciare iniziative di lotta nonviolenta contro la globalizzazione dell’avidità e dell’ingiustizia.

È questo il compito che ci assumiamo come comunità e come giornalismo di pace e impegno civile. Tessere parole e azioni che non siano mai neutre, ma sempre schierate per la pace, la giustizia sociale e la dignità dell’essere umano.

La nostra riflessione si intreccia anche con le campagne storiche: la liberazione di Leonard Peltier, finalmente graziato dopo decenni di carcere; le azioni della Rete dei Numeri Pari, di Extinction Rebellion, dei Fridays For Future, dei lavoratori GKN, dei movimenti No Tav e No Ponte.

Ma ancora, e più vicini a noi in questo movimento internazionale contro il genocidio a Gaza, sono la Global Sumud Flotilla, lo Sciopero Generale del 22, un’iniziativa partita dai portuali di Genova e, appena un poco più il là, il picchetto settimanale della Rete Internazonale Ebraica Anti-Sionista (IJAN) di Londra.

Voci e resistenze che gridano l’urgenza di fare rete, di tessere relazioni, di intrecciare iniziative di lotta nonviolenta contro la globalizzazione dell’avidità e dell’ingiustizia.

Laura Tussi

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