Il capitalismo rampante delle bigtech vuole sostituire la democrazia con l’autocrazia

di Alfiero Grandi - 15/09/2025
L’alternativa politica alla destra è urgente e deve farsi carico di organizzare una reazione che partendo da punti importanti rilanci più complessivamente il ruolo di una democrazia vera e sostanziale, fondata sulla Costituzione, per risolvere i problemi del nostro paese.

Ci sono situazioni emblematiche di un’epoca come il lungo tavolo alla Casa Bianca in cui troneggia Trump circondato dai capi delle big tech informatiche e altri miliardari, con patrimoni di oltre 600 miliardi di dollari. Se Musk non fosse in quarantena per le liti con Trump sarebbero 1.000.

 La globalizzazione era il terreno naturale di crescita e conquista di mercati da parte di aziende che volevano dominarli. Potenze finanziarie, come Black rock (12.000 miliardi) investivano migliaia di miliardi nel mondo per fare fruttare capitali sempre più ingenti, estendendo una forte rete di dominio finanziario, rendendo la distanza tra chi decide e la realtà fisica del lavoro siderale. I lavoratori spesso hanno lottato contro chiusure o smembramenti di aziende decise in consigli di amministrazione lontani, inarrivabili.

 Questa fase ha iniziato ad avere problemi quando il potere multinazionale che interviene e decide sulla testa degli stati e delle comunità ha incontrato tentativi di regolazione e resistenze sociali e politiche.

 Il capitalismo dominante non vuole regolazione

 I Brics, molto cresciuti nel pianeta, sono una reazione allo strapotere senza controllo delle multinazionali, che hanno ignorato le regole del mercato che hanno cercato di dominare, a partire da quelle fiscali, stabilendo posizioni dominanti, ignorando gli interessi nazionali e delle persone coinvolte. Non a caso la richiesta di Trump a nome delle big tech è l’esenzione da regole e fiscalità, subita purtroppo dall’Unione Europea.

 Le posizioni dominanti non sopportano di essere contrastate con tentativi di regolazione. Perfino l’Unione Europea ha iniziato ad inquietare queste posizioni dominanti. Google è sotto accusa perché il suo sistema informatico discrimina i prodotti e le prestazioni che non sono parte del suo blocco. Bill Gates c’era alla tavola di Trump.

 Il WTO, sistema che doveva regolare la concorrenza nel mondo, oggi è in disuso, paradossalmente lo evoca la Cina per tentare di frenare gli eccessi Usa.

Le intenzioni degli Usa non sembrano le migliori. E’ cresciuta un’insofferenza verso le regole viste come impacci, che pretende assenza di vincoli, verso le norme fiscali vissute come un balzello, usando le contraddizioni fiscali in Europa, dove l’Unione non è stata capace di unificare le regole fiscali lasciando vivere al suo interno dei paradisi fiscali. Un paese che non lo era come l’italia da Tremonti in poi si è lasciato tentare e ha messo prime radici con Renzi la norma che premia i ricchi che portano la residenza fiscale in Italia. Lavoratori dipendenti e pensionati continuano a pagare il 90% delle imposte sui redditi.

 Trump guida le multinazionali

 Sotto la spinta di multinazionali, in particolare big tech, i confini nazionali sono stati travolti e le regole democratiche ne sono la vittima perché le decisioni vengono prese sotto la pressione e il ricatto di queste potenze finanziarie ed economiche.

 Trump guida una politica aggressiva che pretende piena libertà di fare affari, senza ritegno visto che non mancano congrui profitti personali, né regole da rispettare se non gli interessi che rappresenta. I settori finanziari ed economici dominanti fanno direttamente politica attraverso il Presidente che hanno (molto) contribuito ad eleggere.

 Il manifesto politico ed economico del tavolo in cui risaltavano alcuni degli uomini più ricchi e potenti del mondo è evidente.

 L’uscita decisa da Trump dalle sedi internazionali di governo, dalle organizzazioni dell’Onu al Wto, non è un risvolto caratteriale ma la scelta politica di chi vuole usare il potere ottenendo mani libere. Le sedi internazionali di governo e compensazione scoloriscono di fronte ad uno sfrontato capitalismo selvaggio, il cui unico imperativo è guadagnare, arricchirsi senza vincoli, imporre.

 Le sfere di influenza dovrebbero, in questa logica, consentire alle potenze economiche leader di regolare i rapporti tra loro, un’illusione perché il mondo ha bisogno di un governo corale, di diversi, mentre così si prospetta un mondo infeudato e sempre sull’orlo della guerra.

 I conflitti con armi nucleari sono sempre più possibili

 Gli spiriti animali del capitalismo finanziario e tecnologico potrebbero portare a conflitti mondiali con le armi nucleari (si parla apertamente dell’uso dell’intelligenza artificiale) che sono ormai senza regole e controlli, l’ultimo trattato sulle atomiche esaurirà la sua funzione nel 2026. Nel frattempo le armi nucleari sono a disposizione di un numero crescente di stati.

 La democrazia è entrata in sofferenza perché alle regole si sostituiscono le decisioni unilaterali, iniziate prima di Trump con l’Iraq, l’Afghanistan, ecc. Ma Trump va oltre, attacca direttamente le regole, non gli basta aggirarle con la promozione di gruppi di volenterosi (formula nata con l’Iraq) fuori dalle sedi internazionali. Trump ha ispirato l’assalto al Campidoglio nel 2020, poi ne ha graziato i 2000 incriminati per eversione.

 Trump è un faro per chi si candida a costruire nuove autocrazie, attacca gli organi indipendenti e di controllo, colpisce i giudici e quanti svolgono un ruolo di contenimento dello strapotere esecutivo.

 E’ una tappa verso l’autocrazia

 Far rispettare i diritti diventa sempre più difficile per i singoli e per la società. Tutto è ridotto al potere degli affari, all’imposizione degli interessi e delle idee della maggioranza eletta, ma essere eletti, Hitler docet, non è di per sè garanzia di democrazia.

 Non è una torsione autoritaria della democrazia ma è una tappa verso l’autocrazia. Licenziamenti, omogeneità al potere costituito del capo eletto non hanno temperamenti. Il potere vuole imporsi senza vincoli e controlli, come i signori seduti al tavolo che vogliono che Trump tolga di mezzo vincoli ed ostacoli.

 La democrazia è in crisi perché subisce lo svuotamento della divisione dei poteri, l’annichilimento del ruolo degli organi di controllo e delle regole e la responsabilità politica di chi oggi è preoccupato, anche se spesso inerte, è di avere pensato, nella migliore delle ipotesi, di sfruttare a proprio vantaggio la possibilità di ottenere il supporto di una parte del potere economico e finanziario, con campagne elettorali che in America hanno raggiunto la cifra di 1.000 miliardi di dollari a candidato.

 Così il capitalismo rampante delle bigtech rischia seriamente di fare il funerale alla democrazia.

 La debolezza dell’Europa

 L’Europa finora ha rinunciato a rappresentare la democrazia, che è la vera sfida di Trump. I dazi, l’aumento delle spese per armamenti, l’impegno ad investire negli Usa, a comprare gas in quantità ingenti sono la concretizzazione della subalternità dell’Europa che sembra inconsapevole che così si indebolisce la democrazia in quanto tale e il ruolo dell’Europa è evaporato, come ha detto Draghi.

 Purtroppo Von der Leyen nel suo ultimo discorso al parlamento insiste sulla continuità di una linea dell’Europa subalterna a Trump, che come ha detto Draghi ha portato all’evaporazione del suo ruolo nel mondo. Questa continuità ripetitiva e subalterna ha già dimostrato di essere incapace di trovare una via per la pace per iniziativa europea a Gaza come a Kiev, continuando una litania guerresca che dimentica il cambiamento climatico, non ha la capacità di proporre iniziative e una visione di pace dell’Unione.

 E’ urgente porre seriamente il problema di rafforzare la democrazia e le regole a fronte di un Trump impegnato a smantellare le regole e i ruoli autonomi di controllo.

 L’alternativa politica alla destra è urgente

 Anche in Italia la destra punta a un potere senza controlli e contrappesi. Frantumazione regionale dei diritti, premierato e attacco all’indipendenza della magistratura sono parte dello stesso obiettivo. E’ in gioco la democrazia in Italia fondata sulla Costituzione. Se la presidente del Consiglio parla di un paese che non c’è e preferisce un’immagine da cartolina, evitando accuratamente di affrontare le sfide reali, del futuro, è perché l’obiettivo è restare in sella sperando che la propaganda riesca a supplire ai vuoti reali.

 In questo modo l’Italia è destinata a declinare tristemente, come del resto l’Europa. Non è stabilità ma un trompe l’oeil.

 L’alternativa politica alla destra è urgente e deve farsi carico di organizzare una reazione che partendo da punti importanti rilanci più complessivamente il ruolo di una democrazia vera e sostanziale, fondata sulla Costituzione, per risolvere i problemi del nostro paese, delineando un programma condiviso e partecipato, fondato su una politica attiva per la pace e il rilancio delle sedi internazionali riformate e rafforzate e di un metodo di conferenze e dialogo per ricostruire un clima di fiducia e pace.

 Un lavoro di lunga lena, in Italia e in Europa che ha bisogno di un progetto, di un faro che illumini il cammino. Il tempo è adesso.

 Alfiero Grandi

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