Premierato, così Meloni avvicina l’Italia alla democratura polacca

di Alfiero Grandi - strisciarossa.it - 13/11/2023
Le componenti politiche dell’opposizione parlamentare e non, le persone e le associazioni che capiscono la gravità della proposta di cambiare la Costituzione su aspetti decisivi debbono respingerla con una campagna di demistificazione e di informazione preparando la costruzione dei comitati per il No al prossimo referendum costituzionale per respingere il disegno della destra più destra di uscire dall’alveo della Costituzione del 1948 democratica e antifascista.

Giorgia Meloni è già partita con la campagna elettorale per il referendum sulla proposta di cambiare la Costituzione per eleggere direttamente il capo del Governo e altro ancora. Un lungo video avvia la campagna elettorale. Evidentemente la Presidente del Consiglio al contrario del Presidente del Senato non crede alla possibilità di arrivare ai 2/3 di deputati e senatori, che è la soglia per evitare il referendum popolare. In effetti la posizione di La Russa è una contraddizione in termini, non solo perché il Presidente del Senato dovrebbe evitare di fare il supporter del Governo visto che dovrebbe di rappresentare tutto il Senato, ma soprattutto perché prima sostiene che questa proposta sarebbe una garanzia contro i ribaltoni e i cambi di casacca dei parlamentari, mentre non ha trovato di meglio che puntare a cercare cambi di casacca nell’opposizione.

Se una modifica della Costituzione non arriva ai 2/3 dei votanti alla Camera o al Senato nella seconda votazione per modificare la Costituzione in base all’articolo 138 è possibile chiedere il referendum popolare per farla giudicare dagli elettori e potrebbe finire bocciata, come è accaduto con le proposte di Berlusconi nel 2006 e di Renzi nel 2016.

Meloni evidentemente non crede alla possibilità di arrivare ai 2/3 conquistando voti dalle opposizioni e ha scelto di partire subito con la campagna di propaganda per il referendum, che potrebbe tenersi già nel 2025. Questo è un enorme campanello d’allarme per tutte le opposizioni. Anche Renzi fece la stessa cosa e fu sconfitto ma non è automatico che accada di nuovo e se si vuole fare vincere il No alla modifica della Costituzione occorre partire con argomenti forti e con una campagna capillare ed unitaria.

Gli argomenti della Presidente del Consiglio

Meloni sostiene che la riforma serva a dare stabilità. Quale stabilità e con quali strumenti, si potrebbe rispondere ricordando che la proposta del Governo prevede una legge maggioritaria che garantisca al governo almeno il 55% dei parlamentari. Oggi grazie ad una legge elettorale ignobile come quella in vigore, con cui si è votato nel 2022, le destre hanno ottenuto il 59 % dei deputati e dei senatori, più di quelli che ottenne Berlusconi nel 2008. La maggioranza ha un margine enorme, è stabilissima.

Meloni finge di non sapere che già oggi può contare su una maggioranza enorme, malgrado abbia preso solo il 44 % dei voti, per di più in presenza di un aumento delle astensioni. Il Governo già oggi sta usando in modo alluvionale decreti legge e voto di fiducia, spingendosi a chiedere ai parlamentari della maggioranza di non presentare emendamenti alla legge di bilancio, cosa mai accaduta, violando l’articolo 67 della Costituzione che prevede che i parlamentari debbano agire senza vincolo di mandato e relegando l’opposizione nel ruolo di chi abbaia alla luna.

Perché Giorgia Meloni ha presentato ora questa proposta di modifica della Costituzione ?
Anzitutto per la scarsa o nulla capacità di governo. La legge di bilancio è una delusione per tutti, anche per chi ha votato per le destre. Un esempio: non è vero che non ci sono soldi, lo stesso Governo aveva individuato un prelievo nei guadagni enormi delle banche e degli istituti finanziari per l’aumento del costo del denaro. Le valutazioni parlano di 43 miliardi di maggiori profitti, ma di fronte alle proteste dei banchieri il Governo ha fatto retromarcia, fingendo il contrario, anziché 2,3 miliardi di entrate, molto meno di quanto sarebbe stato possibile, non incasserà un euro come dimostra le relazione tecnica alla legge di bilancio che non prevede entrate. Le banche si terranno questi 2,3 miliardi con l’unica condizione di non distribuirli. Eppure con 2,3 miliardi il Governo avrebbe evitato almeno gli aumenti di tasse. Era possibile prelevare cifre maggior risolvendo non pochi problemi, a partire dalla sanità.

Questo non c’entra con la Costituzione perché riguarda le scelte del Governo che hanno dimostrato che non è capace di governare e per questo cerca di scaricare le insoddisfazioni dell’opinione pubblica sulla Costituzione attribuendole colpe che non ha.

 

Salvini e Calderoli

 

Altra ragione è che il Governo ha dato il via libera a Calderoli per la proposta di legge sull’autonomia regionale differenziata, ora all’esame al Senato, malgrado l’opposizione crescente nel paese, senza dimenticare le 106.000 firme presentate al Senato per modificare gli articoli 116 e 117 della Costituzione per bloccare all’origine il disegno pre-secessionista della Lega. Infatti Calderoli propone scelte che consentirebbe alle Regioni più forti di prendersi comunque poteri e soldi e di lasciare quelle più deboli al loro destino. Dopo aver lasciato campo libero alla Lega, Fdi ha capito che la Lega intende farci la campagna elettorale per le europee e quindi sta cercando di riprendersi un ruolo con la sua proposta sul “premierato”.

Il presidente dimezzato

La Presidente del Consiglio prova ad essere suadente e si rivolge alle elettrici e agli elettori dicendo che con questa proposta potrebbero scegliere direttamente il capo del governo, ma “dimentica” di dire agli elettori che non sceglierebbero più i 400 deputati e i 200 senatori. Una sorta di scambio: ne voti 1 e non ne voti più 600, perché l’obiettivo del Governo è un parlamento definitivamente subalterno, legato a doppio filo al Presidente del Consiglio, che approva le decisioni del governo, che in questo modo assorbirebbe le funzioni legislative del parlamento. Anche perché se il parlamento non approvasse quanto deciso dal Governo e si arrivasse alla sua crisi ne conseguirebbero elezioni anticipate, a meno che un altro esponente della maggioranza riesca dove ha fallito quello eletto direttamente, con contraddizioni evidente di ruoli.

Presidente del Consiglio con poteri eccezionali, Governo da lui dipendente, parlamento al loro servizio che deve approvare le loro decisioni, altrimenti si arriverebbe ad una sorta di 25 luglio del 1943.
Dissimulare la rottura della Costituzione insita nelle proposte del Governo è ridicolo. Si dice che il Presidente della Repubblica non perderebbe poteri, ma è una balla. Oggi il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio, tiene conto del risultato elettorale ma può decidere soluzioni diverse, così può decidere di non sciogliere il parlamento. Di fronte alla difficoltà a prendere di petto il Presidente della Repubblica in carica ci si rifugia nel rendere obbligata la scelta del Presidente del Consiglio e lo scioglimento delle Camere, inoltre con il 55 % dei parlamentari la maggioranza potrà eleggersi un suo Presidente e così condizionerebbe la Corte costituzionale, di cui il Presidente nomina 1/3, e il Csm che presiede. Anche per le funzioni del Presidente che non vengono oggi toccate si arriverebbe entro pochi anni ad avere modifiche importanti, con conseguenze sull’autonomia della magistratura e sulla Corte Costituzionale.

Il Presidente della Repubblica da garante dell’unità nazionale finirebbe per diventare un elemento della maggioranza e del governo. In altre parole è del tutto evidente che il vero esempio istituzionale è la Polonia.
Le componenti politiche dell’opposizione parlamentare e non, le persone e le associazioni che capiscono la gravità della proposta di cambiare la Costituzione su aspetti decisivi debbono respingerla con una campagna di demistificazione e di informazione preparando la costruzione dei comitati per il No al prossimo referendum costituzionale per respingere il disegno della destra più destra di uscire dall’alveo della Costituzione del 1948 democratica e antifascista.

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