Parte alla camera dei deputati il disegno di legge sull’autonomia differenziata firmato da Calderoli, proprio mentre la maggioranza sembrerebbe essere in dirittura di arrivo sulla riforma costituzionale del premierato. Si precisano dunque contenuti e tempi della nuova Italia vagheggiata dalla destra di governo.

Al voto finale sull’autonomia di Calderoli si giungerà probabilmente prima delle elezioni europee di giugno, e le opposizioni non potranno – per un regolamento che non consente un ostruzionismo insuperabile – impedirlo. Il massimo impegno rimane però indispensabile, perché potrà fornire argomenti per il contrasto al disegno leghista dopo l’approvazione, ad esempio con ricorsi alla Corte costituzionale. Non ci aspettiamo che le opposizioni fermino la legge ma che combattano in prima linea sì.

Gli argomenti non mancano. Si punta a un’Italia di regioni speciali, stravolgendo l’assetto vigente del rapporto tra lo stato e le regioni. Cos’è in fondo l’autonomia in salsa leghista se non la specialità della singola regione, diversa nella forma ma nella sostanza analoga a quella delle regioni in senso tecnico speciali? In entrambi i casi l’autonomia si sottrae alla legge ordinaria e al referendum abrogativo. Ma dobbiamo ricordare che la Consulta dichiarò costituzionalmente illegittima la legge regionale che prevedeva il quesito referendario «vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?».

Per i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), la riforma prevede decreti delegati entro due anni. Dichiara fino ai decreti anzidetti applicabile la legge di bilancio, che richiama invece un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) e persino un commissario. Si dispone addirittura che sia fatta salva la determinazione dei Lep ai sensi di quei commi «alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente articolo».
Chi decide cosa, come e quando? Un dubbio rimane, come quello che viene sugli atti di iniziativa delle Regioni già presentati al Governo, «di cui sia stato avviato il confronto congiunto tra il governo e la Regione interessata». Vanno esaminati secondo le «pertinenti disposizioni della presente legge». Allora per una parte la legge Calderoli non è pertinente e non si applicherà? Quale parte?

Sono punti che potrebbero consentire a Calderoli una fuga in avanti per le Regioni (Lombardia e Veneto, Emilia-Romagna chissà) che ricadono nell’identikit. Potremmo trovarci ad affrontare una (prima) attuazione dell’autonomia in tempi brevi. E qui troviamo l’audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) del primo febbraio nella Commissione bicamerale per le riforme regionali.

L’Upb ha ribadito le critiche già espresse nell’audizione in senato. Dice quello che sapevamo da sempre: in un paese già gravemente diviso i Lep, se non sono una presa in giro, richiedono risorse aggiuntive per chi è in ritardo. E questo presuppone o uno sviluppo sostenuto (che non c’è e non ci sarà), o uno spostamento di risorse da chi sta meglio a chi sta peggio (politicamente impraticabile), o un aumento di tasse (cui il governo in carica è allergico). La riforma Calderoli invece impone l’invarianza di spesa. E il rischio di una frammentazione insostenibile per il bilancio e per il paese – dice l’UPB – è reale.

In questo quadro si cala il premierato. Arriverà comunque molto dopo l’autonomia, e qualunque riscrittura non cancellerà l’intrinseca contraddizione di riforme che centralizzano sul capo dell’esecutivo da un lato, e gli hanno intanto sottratto poteri, funzioni e risorse dall’altro. Se poi le regioni leghiste del Nord pretendessero uguali amplissime autonomie e creassero organismi comuni – ad esempio un’assemblea di secondo grado di consiglieri regionali, e un consiglio di presidenti di giunta – potremmo avere le due Italie pensate da Miglio e dalla prima Lega. Sono organi la cui creazione è rimessa totalmente alla regione, che potrebbero produrre la sostanziale separazione di una parte di Italia, ricca e ampiamente autogovernata, e per altra parte ancora legata al centralismo romano.

Fantapolitica? Che ne pensa Calderoli? Bisognerebbe chiederglielo, in parlamento.

Parleremo del premierato quando avrà forma definitiva. Prevederà – pare – che il premier di ricambio subentri, tra l’altro, nel caso di morte o impedimento permanente. Un suggerimento: nella tradizionale cerimonia sarà bene sostituire la campanella, che il premier uscente consegna al suo successore, con appropriati strumenti contro il malocchio.